Francesco Tamagno,il tenore che amava Varese

Un secolo fa si spegneva per sempre la voce schietta e focosa del cantante lirico

Un secolo fa si spegneva per sempre la voce schietta e focosa di Francesco Tamagno, il primo Otello, il tenore cordiale e generoso figlio del popolo che compiva i suoi esercizi di canto sotto il ponte della Dora, con i piedi nella ghiaia. Amò Varese Tamagno, tanto da abitare in una magnifica villa con parco, battezzata Margherita in onore della figlia, da cui ogni mattina si spostava in calesse per comperare il giornale in piazza Porcari.
Un uomo sincero che seppe conservare l’umiltà delle origini, un mecenate, che promuoveva eventi quali la Grande Mattinata Musicale del 1895 al Sociale, ospiti i grandi cantanti dell’epoca, o si improvvisava giardiniere, ortolano e impagliatore, come ricorda Edmondo De Amicis, come lui piemontese, nei suoi "Nuovi ritratti letterari e artistici".
Prima che incominci la gran baraonda di omaggi, mostre e discorsi, solita nelle ricorrenze di celebri personaggi, obliati per il resto dei decenni, ci piace frugare nel passato e rileggere le parole che Giulio Ricordi scrisse su "Musica e Musicisti" del settembre 1905 in memoria dell’amico, scomparso il 31 agosto a soli 54 anni per un ennesimo attacco cardiaco. Il giornale di casa Ricordi dedicò sei pagine all’arte del tenore, includendo un accurato reportage dei funerali, con fotografie scattate al corteo funebre, alla villa e alla stazione, dove la salma partì per Torino.

Con una prosa delicata e partecipe, il "sciur Giuli" racconta il suo primo incontro con Tamagno, nel 1877, quando il futuro Otello aveva 26 anni e stava per debuttare alla Scala con "l’Africana" di Giacomo Meyerbeer. "Nell’ottobre del 1877 incontro in Galleria Vittorio Emanuele l’impresario Rosani: – Oh! Bravo signor Ricordi, vuol sentire una meraviglia? Ci ho un tenore piemontese con una voce da sbalordire. –Eh! Voi altri impresari delle meraviglie ne avete sempre a disposizione; ma poi il pubblico non si meraviglia di queste vostre meraviglie. – No, no, stavolta le assicuro che la meraviglia c’è e gliela faccio vedere, è là che passeggia nell’ottagono. E mi indica un pezzo di giovanotto alto, tarchiato, dai capelli biondo rossicci, e con una fisionomia aperta e simpatica, dimodoché dico all’impresario Rosani: -Eh! Per bacco, è un bel pezzo di giovane, quasi quasi vorrei udire questa vostra meraviglia.

-Ma se vuole lo sentiamo subito: ecco qui nell’ottagono c’è proprio il negozio Ricordi, roba sua come vede, c’è il pianoforte, lei accompagna e l’udizione è bella e fatta. Ehi! Checco! Vieni qua…Questo è l’editore di musica Ricordi e adesso andremo là in negozio a cantare un paio di pezzi. Il signor Checco non si fa pregare, si entra tutti e tre nel negozio, si chiudono le imposte e il tenore-meraviglia canta due brani dell’"Africana".

-E’ vero, signor Rosani, è vero, è una voce che sbalordisce addirittura, ma credo che manchi un po’ di studio". E il giovane Francesco studiò, tanto da meritare la stima di Verdi che, ascoltatolo nel "Simon Boccanegra", lo volle per creare il personaggio di Otello.

Ecco ancora Giulio Ricordi: "Al contrario di quanto comunemente si credeva, Tamagno aveva un intuito musicale veramente straordinario, tanto che, pur non essendo profondo conoscitore di musica, imparava assai facilmente le parti a lui affidate. Aggiungasi una voce di una potenza straordinaria rafforzata dalla dizione chiarissima ed incisiva, talché tutte le parole spiccavano sillaba per sillaba anche negli ambienti più vasti".

Nel ricordarlo, l’editore di Rossini, Verdi e Puccini apre una piccola parentesi domestica che tratteggia gli ultimi momenti del Tamagno "varesino". "Morì per malattia di cuore, la quale lo condusse a morte con ripetuti attacchi apopletici. Benché sempre aitante della persona, pure questa malattia, che aveva fatto un primo accenno circa dieci anni or sono, non era ignorata dai suoi intimi ed il di lui medico curante dott. Francesco Petracchi di Varese ebbe più volte confidenzialmente a dirmi dei suoi vivi timori per la salute di Tamagno. Ma la vigorosa natura vinceva le insidie del male: anzi, strano a dirsi, quando in questi ultimi anni cantava, il celebre artista godeva salute buona, fors’anco perché, scrupoloso osservatore degli impegni assunti, teneva una dieta rigorosissima. Ebbe un vero culto d’affetto verso la madre, che poi riversò nella graziosa persona della di lui figlia Margherita la quale esso adorava, come adorava i nipotini che Margherita Tamagno ebbe dal matrimonio contratto con il signor Talamona".

Il cronista di "Musica e Musicisti" racconta invece in poche righe le esequie di Tamagno: "I funerali ebbero luogo in Varese il 4 settembre (1905) e come era facile prevedere riescirono importanti per il grande concorso di cittadini e rappresentanze. Dopo l’assoluzione della salma, impartita nella cappella della Villa Margherita, il carro funebre, preceduto e seguito da un lunghissimo corteo, si avviò alla stazione. Circondavano il carro il sotto.prefetto di Varese, cav. Pericoli, il sindaco dott. Garoni, il comm. Pompeo Cambiasi, il signor Luigi Ricordi in rappresentanza della casa editrice. La bara venne collocata in un treno funerario, che partì per Torino, la salma essendo accompagnata dai parenti".
Terminò così la parentesi varesina di uno dei più grandi tenori di tutti i tempi. Rimangono di lui i dischi Gramophone Concert Record etichetta rossa e oro, i celebri "angiolini", che i tecnici della Gramophone & Typewriter incisero proprio a villa Margherita nel 1903: pagine straordinarie da "Otello", "Andrea Chénier", "Trovatore", "Guglielmo Tell" che racchiudono per sempre lo squillo diamantino del formidabile Checco.

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Pubblicato il 10 Gennaio 2005
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