Malnate sul piede di guerra contro le trivelle dell’Edison Gas

La notizia di nuove perforazioni in una zona imprecisata al confine tra Varese e Como ha risvegliato il vecchio comitato che si costituì contro l'Agip e i "sondaggi" a Binago

Perché tornare a perforare nella zona di Malnate? Che cosa c’è sotto? Petrolio? 
E perché nessuno ci crede visto che, persino l’Agip, quando scavò nella roccia sotto Binago, disse che le probabilità di trovare l’oro nero erano solo del trenta per cento?
Domande che da ieri si fanno tutti, e in prima fila i cittadini di Malnate che aspettano di vedere arrivare le trivelle con la scritta Edison Gas e non sanno in che punto verranno sistemate. 
Di certo, per ora, non c’è nulla, solo la delibera della Regione Lombardia che rinnova la concessione alla Società Edison Gas e all’Enterprise Oil per continuare le ricerche in una zona "denominata Malnate"; anche il sindaco Manini sostiene di non essere stato informato. 
Alla luce di tutto ciò il consigliere regionale Daniele Marantelli ha presentato un’interrogazione urgente  in cui chiede la localizzazione esatta e le motivazione per cui non  è stata informata l’amministrazione comunale di Malnate. 

Ma perché tornare lì se già nella delibera della Regione Lombardia si dice che le perforazioni compiute negli anni settanta a Morazzone e Brenno  avevano dato esito negativo?
Alla Edison Gas di Milano, in questi ultimi giorni d’agosto, pare non ci siano funzionari; non così all’Enterprise Oil, che ha la sede italiana a Roma: «Siamo solo partner dell’Edison – spiega un rappresentante della società romana – quindi non siamo noi ad occuparci direttamente della questione. Posso però andare per deduzione: è molto probabile che le perforazioni compiute negli anni passati fossero troppo superficiali. 
Oggi, abbiamo strumenti più raffinati che consentono di andare anche a 6000 metri di profondità con costi decisamente inferiori. Il risultato potrebbe giustificare l’impresa». 
Già, potrebbe. Ma qual è la contropartita? I malnatesi sono già sul piede di guerra: Legambiente sta radunando i vecchi rappresentanti del comitato che a Binago riuscì a bloccare l’Agip. «Fu un cavillo a darci la soluzione che stavamo cercando – spiega Domenico Monetti – Un cavillo che però costò ai Comuni di Binago e Vedano quasi duecento milioni. Si disse che l’Agip non aveva rispettato i tempi che aveva prospettato nel progetto e il Tar ci diede ragione. 
Ma la legge prevede che una richiesta di concessione possa essere ripresentata quattro anni dopo da una nuova società. E così è stato fatto. Ora vedremo». 
Chi è già passato attraverso l’esperienza delle perforazioni racconta di esplosioni che facevano tremare le case, di piastrelle dei bagni che si staccavano dai muri. 
«Ma c’è molto di più. A Binago si presentò anche il problema dell’inquinamento della falda acquifera: l’olio usato per la trivella filtrava nel terreno a pochi metri dalla falda che serve tutto il paese. A questo va aggiunto che la potenza che si crea nello scavo provoca una reazione da "pentola a pressione". A volte, come accadde a Trino Vercellese, si formano nubi di petrolio che poi ricadono a terra. 
C’è poi la vicinanza con le case: perforazioni a parte, proviamo ad immaginare che cosa accadrebbe se il petrolio ci fosse davvero.». 
 


Redazione VareseNews
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Pubblicato il 23 Agosto 2002
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