«L’appello del papa ci unisce»

Per Ruffino Selmi, presidente della Acli, i cristiani animati da un senso di ripulsa verso l'uso della forza

Ruffino Selmi è il presidente provinciale delle Acli, organizzazione tradizionalmente pacifista, anche oggi in prima file nel rifiuto di una guerra preventiva. Dopo l’appello del papa a favore della pace, le posizioni della nonviolenza sembrano oggi compattare tutta la chiesa.
Selmi, cosa sta accadendo in questi giorni nel mondo cattolico? 
«Ci sono molte iniziative che partono dal basso e che uniscono diverse sigle. Ricordo solo la marcia che abbiamo fatto due domeniche fa a Gallarate, ma potrei aggiungerne molte altre: testimonianze, veglie, preghiere nelle chiese. C’è una grossa consapevolezza che la logica della guerra infinita è molto pericolosa e rischia di portarci trent’anni di conflitti. L’idea che solo la guerra garantisca la pace ha accelerato il senso di ripulsa che molti di noi hanno per questo tipo di politica».
Qual è secondo voi la soluzione giusta?
«Capire quali sono le cause dell’ingiustizia e dello sfruttamento dei popoli. Con l’intervento preventivo, oltretutto, si va anche in una direzione diversa rispetto alle missioni in Kossovo, decise per far cessare un conflitto. Inoltre, siamo molto colpiti dalla situazione in Israele, dalla spirale di odio, dall’occhio per occhio che sembra non avere fine, e dall’impotenza dell’occidente. Ci sono insomma una serie di elementi nuovi che uniscono cattolici di varie estrazioni e che avvicinano le nostre posizioni».
Qual è stato l’elemento determinante che ha fatto risvegliare i cristiani?
«Certamente la forte determinazione del papa e la sua condanna della guerra. Una posizione che qualcuno ha voluto banalizzare dicendo che è invecchiato. Altri gli hanno addirittura attribuito una visione antiamericana. Queste sono sciocchezze. E’ una sensibilità di tutta la chiesa. Solo mercoledì scorso, una folla di cristiani ha ascoltato all’università, mentre a due passi si svolgevano l’incontro con Cofferati e uno spettacolo al teatro, l’intervento del teologo don Bruno Forte sul rapporto tra fede e ragione. E una sollecitazione importante di quel discorso è arrivata proprio dallo sconcerto per la logica della guerra preventiva, che vorrebbe affidare all’uso della forza l’unica soluzione per governare il mondo, dopo l’11 settembre. C’è dunque una voglia di partecipare, e c’è tanta gente che è alla ricerca di una risposta che non vuole dare per scontata».

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 20 Gennaio 2003
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