Convegno sull’impotenza maschile proposto dall’Azienda Ospedaliera
L'iniziativa si svolgerà giovedì 16 gennaio nella sala convegni dell'Istituto Barbara Melzi
L’impotenza maschile può essere guarita e non vissuta più come un dramma da vivere in solitudine, avvolto in mille tabù. E’ questo il messaggio che gli specialisti dell’Ospedale di Tradate , nella fattispecie gli urologi, vogliono comunicare con il convegno promosso per giovedì 16 gennaio: l’appuntamento è alle 21 presso la sala convegni dell’Istituto Barbara Melzi, in via Melzi 2, a Tradate.
L’impotenza ovvero la “disfunzione erettile”, come la definiscono i medici , può derivare da ragioni psicologiche ma può anche essere la spia precoce di una patologia, ad esempio cardiovascolare.
“Un tempo si diceva che l’80% dei casi di impotenza era imputabile a fattori psicologici; oggi l’esperienza clinica propone un’altra lettura – spiega il dott. Aldo Fonte, responsabile dell’Urologia del Galmarini – Un’analoga percentuale, infatti, è interessata da cause di carattere organico: così è possibile intervenire farmacologicamente o chirurgicamente”.
La letteratura scientifica, al riguardo, è senz’altro più copiosa di qualche tempo fa: le innovazioni diagnostiche intervenute e una più diffusa conoscenza del problema, consentono di affrontare efficacemente e terapeuticamente la disfunzione e curarla”.
Al convegno, rivolto ai medici ospedalieri e di famiglia ma, aperto anche ad un pubblico più vasto, interverrà il professor Francesco Montorsi, un luminare clinico della disciplina: primario di Urologia al San Raffaele di Milano, fa parte della Società Italiana di Andrologia e della Società Europea di Urologia di cui è il referente principale per i problemi inerenti all’impotenza. Prevista anche la presenza di Pietro Zoia, neo direttore Generale dell’Azienda Ospedaliera di Busto.
“Anche grazie a questo appuntamento – aggiunge Fonte – e alla promozione pubblica della problematica androloga, l’Ospedale di Tradate ambisce al trattamento più efficace possibile di questa tipologia di pazienti che, come è intuibile, rischiano una grave compromissione della propria qualità di vita”.
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