Emergenza asilanti: Varese è al collasso, ma Roma non si accorge
Incontro a Villa Recalcati tra alcuni operatori e i parlamentari della provincia sulla questione richiedenti asilo. Tanta solidarietà e poco altro
Varese è una provincia tranquilla. Almeno nell’immaginario romano. E così l’emergenza asilanti , che da tempo le associazioni di volontariato e del privato sociale, le istituzioni e le associazioni imprenditoriali e sindacali lamentano, rimane un problema legato al nostro territorio e agli operatori che quotidianamente si confrontano con stranieri in fuga da guerre od odio razziale. In effetti il problema è recente, legato all’apertura dell’hub di Malpensa. Varese si è quindi trovata, improvvisamente, terra di confine internazionale. Complice una legislazione penalizzante e tempi d’attesa dilatati all’inverosimile, il territorio ha assistito almeno 1500 persone (tanti sono stati i richiedenti asilo dal ’98 ad oggi, di cui 351 lo scorso anno e 78 nel primo trimestre di quest’anno) che, a parte un contributo di 17,56 euro al giorno per il primo mese e mezzo, devono essere mantenuti perchè impossibilitati a lavorare e a mantenersi. E questa assistenza dura sino a 18 mesi. Con spese a carico per lo più del volontariato. Lo scorso anno, la legislazione è cambiata: è stata approvata la Bossi Fini che introduce alcune modifiche in merito alla figura degli asilanti. Manca, però, il regolamento attuativo che dovrebbe istituire i centri d’identificazione dove accogliere i richiedenti, la commissione territoriale che si farà carico della procedura e un fondo nazionale per le politiche e i servizi per l’asilo di circa 6 milioni di euro, magari raddoppiabili. In attesa di regolamento, dunque, la situazione rimane al limite del collasso. I principali attori dell’assistenza agli asilanti hanno fatto presenti i problemi ai parlamentari Antonio Tomassini di Forza Italia, Giovanna Bianchi della Lega Nord, Graziano Maffioli dell’Udc e Marco Airaghi di AN. |
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