L’ultimo racconto di Elia

Franca Leosini ha intervistato il pluriomicida Del Grande per la trasmissione di Rai 3 Storie maledette

Storie maledette ha dedicato una puntata della trasmissione alla "Strage dei fornai". Una lunga intervista con Elia Del Grande che, dopo la condanna,  racconta per la prima volta la sua vita dall’infanzia fino ai giorni del carcere.
Un Elia inedito, diverso anni luce da quello del 7 gennaio 1998, quando confessò alla polizia ticinese di esser lui l’esecutore del massacro della propria famiglia. Ma anche un Elia irriconoscibile rispetto a quello che si presentò nell’aula bunker del tribunale di Varese. Grasso, barba e capelli incolti, tremante, anche se molto concentrato nel dare le risposte che voleva dare. 
Nell’intervista con la Leosini, Elia è invece molto tranquillo. Ripercorre con calma le tappe salienti della sua vita. «Mi sentivo rifiutato», è la risposta alla domanda su come aveva vissuto l’infanzia visto che era stato affidato fin da piccolissimo alla nonna e alla zia. Elia trattiene il rancore, ma non può nascondere il velo dell’ipocrisia dietro cui si celava la famiglia Del Grande. Una famiglia come tante, molto rispettata in paese perché molto conosciuta essendo proprietaria del forno. Enea, il padre, aveva anche ricoperto la carica di presidente dei panificatori. 
«Mi hanno concesso sempre troppa libertà». E lui per farsi notare collezionava coltelli (più di trecento) con l’assenso del padre. Toccante la scena del tentato suicidio della madre quando Elia riesce ad entrare dalla finestra nella camera chiusa a chiave. «I  miei litigavano e a volte anche in modo violento». Uno degli elementi dell’ipocrisia è proprio la storia della coppia: all’apparenza perfetta, mentre da anni vive ormai una separazione di fatto. 

L’aggressività di Elia ha una vera e propria escalation. Commette una serie di fatti gravi con l’aiuto dei suoi amici di paese. Poi entra, nel periodo del militare, in un gruppo di naziskin a Varese. «Cercavamo il pretesto per menar le mani, soprattutto con i ragazzi di colore».

 

Tutto questo fino all’accoltellamento del tassista. A questo punto la famiglia sembra non poterne più di questo adolescente drogato e totalmente irresponsabile. Oltre tutto ora c’è anche il pericolo di una grave condanna, perché anche se il tassista ritira la denuncia a fronte del pagamento di alcuni centinaia di milioni, la giustizia va avanti a fare il suo corso.  

Così il padre e il fratello Enrico non trovano di meglio che portare Elia con loro a Santo Domingo trovandogli lavoro come gestore del night club La dama de pietra. Il locale in realtà è un bordello dove si consuma un amore mercenario anche con minorenni. Elia per strada conosce Rayza. Ormai conosce il meccanismo, "le pagavo tutto perché avevo paura di perderla. Lei era la donna della mia vita". La situazione precipita perché così, tra sesso e cocaina Elia spende tutto quello che guadagna. Prima di Natale suo fratello va a prenderlo con la promessa che poi, dopo le feste potrà tornare nella sua oasi incantata. Quello che è successo dopo è noto. Elia litiga spesso con i suoi, consuma coca a quantitativi da paura. Nella notte dell’epifania, alle tre, arriva a casa e massacra il padre, il fratello e la madre. Lo fa con rabbia e crudeltà. Esplode tutto il rancore. 
L’intervista di ieri è stata condotta con maestria e ne viene fuori bene la storia di questo ragazzo carnefice, ma anche vittima di un sistema che poco viene messo in discussione, ma che fa davvero paura. Fatto non solo di ipocrisia, ma di tutti quei falsi valori della realtà di provincia piccolo borghese. Ci sono tutti gli ingredienti: il vuoto in cui vivono i giovani, la famiglia disgregata unita solo dai soldi e dalla paura delle voci del paese, la droga, il sesso, il consumo di ogni cosa e da ultimo la politica come momento dello sfogo delle peggiori emotività. Materiale grasso per psichiatri, sociologi e giornalisti. Materiale che, dopo l’intervista di ieri sulla Rai, è ancora più ghiotto. Almeno cinque psichiatri hanno avuto sotto osservazione Elia. Ognuno di loro ha detto cose diverse e in ogni momento successivo Elia è stato capace di stupire. L’intervista della Leosini non fa difetto a questa lettura. Elia oggi non solo si è pentito di quanto fatto, ma afferma che al di là del carcere, vivrà per sempre con la sofferenza di aver procurato tanto dolore.
Quello stesso sistema, che è ancora lì a produrre "mostri" ha armato la mano di Elia, probabilmente. Ma "La strage dei fornai" ha anche altri misteri non svelati che potrebbero far capire ancora di più come sono andate le cose. Che fine hanno fatto tutti i patrimoni dei Del Grande in America Latina? Domande irriguardose di fronte alla morte di tre persone, ma si è certi che non ci sia alcuna connessione tra queste domande? 
Elia di questo non ha parlato e forse non sa davvero molto di più. Certo questa "storia maledetta" analizzata in ogni suo piccolo aspetto mantiene ancora oggi un macabro fascino perché davvero, meglio di ogni studio, svela aspetti della vita di provincia.


Redazione VareseNews
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Pubblicato il 11 Maggio 2003
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