Villa Cagnola: il turismo congressuale passa da qui

L'attività in crescita di uno centri ricettivi più importanti della provincia

38 convegni solo nei primi cinque mesi 2003: incontri racchiusi nell’ambito di una giornata, molto spesso spalmati su più giorni. Nel 2001 furono 112, 94 nell’anno successivo. Da quando, nel giugno del 2001, Villa Cagnola restaurata ha riaperto i battenti come sede congressuale, l’attività è stata continua; un flusso costante di fruitori lungo il viale tra filari di cipressi e nelle nuove idonee sale convegni che attualizzano una delle più intriganti costruzione architettoniche del nostro 700, luogo di rara e rarefatta bellezza, avvedutamente donato dal suo ultimo proprietario, il nobile Guido Cagnola, alla Santa Sede perché ne facesse un luogo di formazione e di cultura. 


E così è stato: Villa Cagnola da decenni incarna un luogo privilegiato per il dialogo e l’approfondimento e non solo in termini di dibattito ecclesiale. In una prima fase, nei Sessanta, la villa era sopratutto un luogo di ospitalità per convegni esterni: associazioni cattoliche come Icas, Cisl, Acli o la stessa Dc, qui erano di casa. Di seguito, si cerca di tracciare una più marcata ricerca culturale in proprio: nel ventennio tra i Sessanta e i Settanta, diviene sede dell’Istituto superiore di studi religiosi, nel 1976 vi è istituita la Fondazione Ambrosiana Paolo VI. È l’ora degli incontri a più ampio respiro tematico: famoso ancorché fallito il tentativo promosso proprio da Gazzada di trovare un punto di incontro tra la chiesa cattolica e gli estensori del controverso catechismo olandese. 
Nell’ultimo ventennio del secolo, l’orizzonte si amplia: la Fondazione esplicita e promuove alcune grandi ricerche di profilo internazionale e di carattere interdisciplinare: la donna della chiesa, la famiglia in Europa, il cristianesimo nella civiltà contemporanea. Spicca negli ultimi anni una sempre più marcata vocazione europeistica della Fondazione, concretizzata nelle settimane di storia religiosa europea.
Questa la spina dorsale dell’attività di Villa Cagnola. 
Ma è dal 2001 che l’attività congressuale ha sdoganato momenti e pretesti più mondani: corsi di formazione per dirigenti industriali, per chimici, per operatori turistici; è di qualche giorno fa, un corso per venditori della celebre scopa Pippo. 


Profanazione? No, adeguamento ai tempi, utilizzo intelligente di una risorsa che, per bellezza e funzionalità, non ha al momento pari né a Varese né in provincia. Una ricettività congressuale complessiva di 280 posti con tutti gli standard più alti del caso, un numero che colloca Villa Cagnola al secondo posto della speciale classifica delle dimore storiche con vocazione congressuale presenti sul territorio della provincia di Varese; seconda solo a Villa Ponti che vanta 400 posti, ma davanti a Villa Cicogna Mozzoni (150 posti), Villa Porro a Lonate Pozzolo (150 posti), il Castello di Somma (200 posti). A questo va aggiunto che la recente ristrutturazione ha messo a disposizione del centro una ricettività alberghiera quantificabile in 70 camere con 120 posti letto e di un ristorante esclusivo. Dati, questi, che pongono Villa Cagnola in testa a una ipotetica classifica del miglior rapporto tra seats & beds. Basti pensare che in Varese, l’albergo con capienza congressuale è l’Hotel Plaza con i suoi 300 posti, corredati tuttavia da solo 29 stanze. Solo l’Hotel Palace è in grado di offrire un servizio più completo: 250 posti congrex e 112 stanze. 
Contabilità arida, ma utile a quantificare un problema messo in luce di recente dal Marketing plan per lo sviluppo turistico messo a punto dalla Provincia di Varese. 

La provincia e la città hanno e devono coltivare una vocazione al turismo congressuale, ai flussi business. Ma la loro capacità di mettere insieme logistica e ricettività ancora langue in strutture inadeguate o incomplete, costringendo in maniera costante i congressmen a dirigersi altrove fuori dalla città.  Un problema, già ora pressante: lo sarà ancora di più stando alle previsioni relative ai prossimi insediamenti alberghieri nel sedime aeroportuale di Malpensa. 
Da qui quella sorta di unicum che è la villa di Gazzada. Un intelligente ed avveduto intervento, in cui non secondari, al contrario parametri qualificanti, sono il fascino intatto dello scenario naturale, celebre nel mondo grazie a Bellotto e al Bossoli, e una raccolta d’arte tra le più suggestive del collezionismo privato lombardo. 
In una parola, la sintesi della vera vocazione varesina in corpo solo. 

(1. continua)

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Pubblicato il 29 Maggio 2003
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