Cast: energia alternativa da Laveno in tutto il mondo

Intervista con Adriana Stoppa, presidente del CAST, l'unica ONG in provincia riconosciuta dal Ministero degli Esteri

Il Cast è una ONG – Onlus, l’unica con sede in Provincia di Varese riconosciuta dal Ministero degli Esteri e una delle poche ONG con personalità giuridica; si compone di 12 membri, tutti volontari, tra i quali ingegneri idraulici, meccanici ed elettrotecnici. Il Cast è anche socio fondatore del consorzio di ONG UNA, che permette una rete di collaborazione proficua tra le ONG, nei vari campi di azione di ognuna.

Presidente, come è nata l’idea di fondare una ONG a Laveno, attiva nel campo dell’energia alternativa?

«L’idea nasce da lontano, da quando nel 1968 io e mio marito con un’altra coppia che fa tuttora parte del CAST ci siamo recati in Tanzania al seguito di una missione, per capire le esigenze che esulano dal campo spirituale della gente del posto. Per una decina d’ anni ci siamo occupati di solidarietà come singoli cittadini, fino a quando abbiamo ritenuto giusto unirci ad alti che condividevano i nostri interessi, per fondare nel 1980 il CAST. Il nostro campo d’azione è quello della ricerca e della progettazione di impianti ad energia alternativa, dato che nella nostra esperienza sul posto i problemi che ci balzavano agli occhi con maggiore urgenza erano quelli della mancanza d’acqua e di elettricità: per venire incontro alle esigenze delle popolazioni in difficoltà abbiamo pensato di sviluppare le capacità che già c’erano sul posto, ma che erano soffocate o non sviluppate; per cui ci siamo dedicati alla costruzione di pozzi e mulini a vento, con l’aiuto di due artigiani di Grosseto, e alla formazione di personale capace di costruirne di nuovi e di manutenere quelli già in opera. La ricerca all’inizio era applicata nello sviluppo di attrezzature ed energia rinnovabili, discorso che nel 1980 era nuovo e rischioso, perché pieno di incognite. Da subito si sono uniti ai fondatori alcuni tecnici specializzati, e di conseguenza è venuta la creazione del materiale tecnico per poter istruire le popolazioni dei Paesi dove lavoravamo, con la creazione di manuali e libri per spiegare cosa fare e come farlo».

Quali sono i più importanti progetti che avete realizzato e quali i Paesi dove siete attivi in questo momento?

«Diciamo subito che essendo pochi, ci teniamo ad avere anche pochi progetti, per poterli seguire tutti e poter realizzare al meglio delle nostre possibilità le idee finanziate. I campi di ricerca ai quali ci dedichiamo sono il fotovoltaico, il solare termico, l’idroelettrico e la biomassa. Tra i progetti che ci stanno più a cuore c’è sicuramente quello alimentare, seguito da un gruppo di tecnici agroalimentari, in Cile, in collaborazione con un grande sindacato cileno, messo in atto per educare i pescatori e metterli in condizione di gestirsi da soli e rendere il proprio prodotto vendibile e appetibile per il mercato. La bontà del progetto è data dal fatto che il Ministero dell’Istruzione cilena ha preso ad esempio il programma educativo del CAST, per allargarlo all’educazione degli adulti a livello nazionale. Tengo a precisare che le proposte per i progetti ci arrivano direttamente dai Paesi in Via di Sviluppo; noi analizziamo i costi e le possibilità di realizzazione, poi mandiamo un nostro tecnico sul posto per vedere di persona il territorio e la fattibilità del lavoro, mentre nella sede di Laveno cominciamo a predisporre il lavoro una volta accertata la fattibilità. I Paesi dove siamo attivi in questo momento sono Cile, Ecuador (in collaborazione con Il CMT per la coltivazione di zucchero biologico), Mozambico, Corea del Nord (insieme al CESVI), Tanzania (con finanziamenti della Fondazione CARIPLO e la collaborazione di ACRA, per la realizzazione di una sorta di azienda elettrica), Camerun».

Quindi i progetti sono sperimentati nella sede di Laveno, e poi una volta attuati sono esportati nel Paese che ne ha fatto richiesta?

«Esattamente. Ci capita spesso di collaborare con altre ONG, che ci inoltrano le richieste per parti di progetti tecnici, che da soli non sarebbero sufficienti per essere proposti e realizzati. I nostri progetti sono spesso innovativi, lavoriamo anche senza l’impulso dei Paesi in via di sviluppo: ad esempio abbiamo realizzato a Laveno il primo frigorifero ospedaliero fotovoltaico, testato all’EURATOM di Ispra, progetto poi regalato ad una ditta che ha realizzato il prodotto per un limitato periodo di tempo».

Tra i compiti dei tecnici che inviate nei P.V.S. c’è anche quello di formare tecnici del posto?

«Sì, soprattutto perché dopo il lavoro di costruzione che si fa in collaborazione con la squadra del Paese, c’è la parte che riguarda la manutenzione, indispensabile per garantire una vita adeguata agli strumenti costruiti, e una manutenzione fatta bene deve essere fatta da personale qualificato. I nostri tecnici si impegnano a realizzare i progetti nella maniera più semplice possibile, per non rendere troppo complessa la manutenzione successiva».

Quali sono i problemi più grossi che una piccola ONG come la vostra deve affrontare?

«Senza ombra di dubbio i due problemi più grossi coi quali dobbiamo confrontarci giornalmente sono quello finanziario e quello della mancanza di giovani che affianchino i soci fondatori, non più giovanissimi. Per quanto riguarda il problema della mancanza di fondi, la situazione è semplice: ci sono tante idee, ma i soldi per realizzarle tutte non ci sono. Per noi è sempre venuta prima la cooperazione, la ricerca scientifica e l’analisi dei bisogni delle popolazioni che andiamo ad aiutare è in primo piano, ci manca l’organizzazione per cercare fondi, e non abbiamo mai approfondito tale aspetto, appunto perché abbiamo sempre messo al primo posto la ricerca, anche se senza fondi è impossibile lavorare, e forse ci servirebbe approfondire questo aspetto. Per quanto riguarda il coinvolgimento di giovani, per noi è difficile trovare ragazzi disposti a partire per mesi o anni come tecnici cooperatori, comprendiamo che non sia una cosa facile, ma la richiesta di aiuti è diffusa, e per seguire i progetti nei Paesi del Terzo Mondo c’è bisogno di giovani virgulti, che devono oltretutto essere preparati tecnicamente. Ma speriamo che qualcuno si faccia avanti, ne abbiamo bisogno».

Quali sono i Vostri rapporti con le Istituzioni e l’impatto sul territorio?

«I rapporti con le Istituzioni locali mancano, probabilmente per la mancanza di un "gioco" politico che il Cast si è sempre rifiutato di fare, privandosi così di appoggi e canali privilegiati; noi abbiamo sempre puntato sull’onestà delle persone e sulla loro sensibilità ai problemi che presentiamo, dato che noi pensiamo che la cooperazione debba essere un’esigenza condivisa per dare aiuto ai Paesi che ne hanno bisogno, e non per avere visibilità pubblica o ritorno personale per questo o quel partito, ma le risposte sono spesso mancate. Per quanto riguarda la città di Laveno, devo purtroppo constatare che è piuttosto chiusa; spesso e volentieri abbiamo cercato di coinvolgere il Comune in manifestazioni, come ad esempio l’ECOTREND, che cercava di coinvolgere le scuole pubbliche in un programma di educazione allo sviluppo, gratuito e a nostro parere altamente formativo: ebbene abbiamo incontrato enormi difficoltà nel contattare le scuole, solo una privata ha risposto e dal Comune nessun riscontro, come è successo anche in altre numerose occasioni».

Cosa deve fare chi volesse contattarvi?

Vorrei prima ricordare che il mondo delle ONG è accessibile a tutti coloro che hanno delle idee e hanno la volontà di metterle in atto, e soprattutto a coloro che sentono l’esigenza di cambiare un "sistema mondo" che percepiscono sbilanciato. Chi volesse contattarci, può venire alla sede del CAST in via Ceretti, 2 a Laveno Mombello, oppure visitare il sito www.cast-ong.org, o scrivere all’indirizzo e-mail info@cast-ong.org , o infine contattarci telefonicamente al numero 0332667082.

 

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 17 Marzo 2004
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