Dedicata una via all’eroe borghese
Si chiama "Largo Avv. Giorgio Ambrosoli" e si trova nel quartiere di Avigno
Varese avrà una luogo dedicato "all’eroe borghese"*. Si chiamerà "Largo Avv. Giorgio Ambrosoli", nel quartiere di Avigno. Una scelta nobile, etica, dovuta ad un uomo che, in tempi nemmeno troppo lontani, ha dato una prova altissima di cosa voglia dire avere senso dello Stato e rispetto delle regole. Correva l’anno 1979. Per la precisione era l’11 luglio del 1979. Dopo una serata passata con amici, l’avvocato Giorgio Ambrosoli rientra a casa, ad attenderlo c’è William Arico, sicario mafioso assoldato da Michele Sindona. Tre colpi di 357 magnum pongono fine a una vicenda iniziata qualche anno prima. L’avvocato Giorgio Ambrosoli è un professionista serio e onesto, non fa sconti e non accetta i vari progetti di salvataggio di Sindona che freneticamente vengono proposti con il beneplacito di politici e faccendieri di turno, che eviterebbero al finanziere di Patti di rispondere penalmente del disastro finanziario e soprattutto ne farebbero ricadere sulla collettività il peso economico. Le pressioni e le intimidazioni su Ambrosoli e sul fidato Silvio Novembre, maresciallo della guardia di finanza, sono pesanti e scandalosamente esplicite. L’avvocato va avanti per la sua strada con i pochi collaboratori fidati. C’è un "lieve" scarto tra lo Stato ideale a cui si ispira Ambrosoli, fatto di dovere, onestà e senso delle istituzioni e lo Stato che gli si paventa, occupato da politici corrotti e faccendieri arroganti, dediti a coltivare solo interessi personali e non curanti delle regole democratiche. Nel 1978 Ambrosoli presenta la seconda relazione ai giudici Viola e Urbisci. Anche se le cifre sono spesso noiose è interessante citarne qualcuna per avere la dimensione dei traffici delle banche di Sindona. La Banca Privata dichiarava operazioni in cambi per 67 miliardi e ne aveva invece per oltre 4000; lo stesso avveniva per la Banca Unione che dichiarava operazioni per 210 miliardi e ne poneva in essere per oltre 5000. Alla fine del 1978, Giorgio Ambrosoli si reca a New York per deporre dinnanzi al Gran Jury americano, perché, nel frattempo, Sindona sta per essere incriminato anche negli Stati Uniti per il dissesto della Franklin National Bank. È la fine del 1978 e iniziano le minacce di morte per spingere l’avvocato milanese a cambiare la deposizione davanti ai giudici americani. Ambrosoli è inflessibile. Il balletto di politici, avvocati e dubbi personaggi vicini a Sindona, per riuscire a salvare il salvabile, continuerà fino alla sua uccisione. Giorgio Ambrosoli è stato ucciso perché affermava lo Stato delle regole e della legalità in un’Italia dove, come afferma Flores D’Arcais, coesistono da sempre due borghesie: una della legalità piena di senso dello Stato e consapevole dei doveri spettanti ad una classe dirigente degna di questo nome; l’altra votata all’intreccio affaristico politico, che considera le regole dei lacci, le leggi valide solo per i fessi e l’onestà la virtù dei mediocri. * "Un eroe Borghese" è il titolo del libro-inchiesta (1991, Einaudi) del giornalista Corrado Stajano |
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