Guerra e pace, Giulietto Chiesa scende in campo

Nella serata, dedicata alla democrazia e alla partecipazione, organizzata da Varesegirotondi, il noto giornalista-politologo presenta il suo programma elettorale

Scenderà in campo alle prossime europee con la lista Occhetto-Di Pietro e si è già posto un obbiettivo importante: portare al voto quei tre milioni di italiani che si rifiutano di andare alle urne. Giulietto Chiesa, intervenuto nella serata organizzata da "Varesegirotondi" sul tema "Libertà è partecipazione", ha spiegato il suo programma e le ragioni della crisi di rappresentanza della nostra politica. Per lui la linea che marca il confine della scelta di campo non è sottile e non ha ombre o sfumature possibiliste. Nessuna ambiguità nel messaggio: no alla guerra. «C’è un buco enorme tra la gente e i suoi rappresentanti politici – spiega il giornalista-politologo -. Non si capisce perché se il 90 per cento degli italiani è contro la guerra, il Parlamento voti a favore dell’intervento. Bisogna rispettare l’opinione della gente e i partiti che non la rispettano hanno fatto il loro tempo. L’assenza di ambiguità riporterà la gente a votare, questo è il primo passo per parlare di partecipazione». 
(sopra: Giulietto Chiesa discute con Mario Agostinelli)

Difesa della Costituzione, abolizione di tutte le leggi ad personam,  ripristino di un’informazione corretta, completano il manifesto elettorale del noto giornalista. Se oggi l’informazione per il 95 per cento «cala come un liquame dall’alto», Chiesa non salva nemmeno quella ai tempi del Centrosinistra. «La televisione ha succhiato la politica dentro quello schermo e l’informazione che passa è falsa. Nessuno spiega perché gli americani stanno lavorando sullo scudo spaziale, il messaggio che ne esce è che così si fa la lotta al terrorismo. È tutta una palla». (da sinistra: Mario Agostinelli, Giulietto Chiesa, Massimo Tafi, Ivana Brunato e Benedetto Zacchiroli)

La democrazia è anche una questione di metodo. Benedetto Zacchiroli, rappresentante dei Girotondi di Bologna, ha ripercorso le tappe che hanno portato alla candidatura di Cofferati a primo cittadino. "Le primarie" all’ombra delle due torri bolognesi sono state il frutto di un’assemblea cittadina che ha coinvolto 73 associazioni, oltre ai partiti, e che rimarrà in carica per cinque anni. «Il movimento è entrato nella politica perché quel sistema di rappresentanza non bastava più. A Bologna le undici associazioni che formavano il movimento venivano chiamate una ad una dall’Ulivo. Ad un certo punto abbiamo indicato noi ai partiti la strada da percorrere».

Nel momento più duro dello scontro istituzionale il sindacato, secondo Ivana Brunato, segretario provinciale della Cgil, ha trovato nella condivisione e nella partecipazione un elemento importante per difendersi dall’attacco liberista in atto nel Paese.
 Se la base, il movimento "dal basso", la partecipazione reale a Bologna hanno smascherato l’autoreferenzialità dei partiti, non è detto, però, che garantiscano l’unità e la convergenza di interessi in uno schieramento complesso come quello del Centrosinistra. «L’unità è difficile da costruire – spiega Mario Agostinelli, del Forum sociale mondiale – io l’ho vissuto nel sindacato. Penso anche che il rapporto di valore non sia più collocabile in termine di destra o sinistra, bensì dall’alto al basso e la politica cambia solo se il basso conta. In questo l’esempio di Lula in Brasile è emblematico. Il merito del movimento è grande perché ha riavvicinato alla politica almeno tre generazioni, però non credo che basti per sconfiggere Berlusconi. È importante invece recuperare radicalità su alcuni valori, perché l’attacco liberista ci sta abituando ad una realtà che di valori non ne ha più e l’informazione che passa ne è lo specchio. I militari italiani ammazzano 15 civili iracheni e si continua a parlare di missione di pace».


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Pubblicato il 09 Aprile 2004
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