Metamorfosi

Prorogato al 30 aprile il termine ultimo per partecipare alla rassegna di racconti "Con-1000 storie": non un concorso letterario, ma solo una bella iniziativa che dà la parola ai giovani. Riproponiamo il racconto che ha fornito lo spunto all'iniziativa

Sedici anni, un’età considerevole per un cane, un sogno per una farfalla, un’inezia per un vulcano. Cosa si è a sedici anni? un bambino? un uomo? Una pupa.
Uno si sveglia una mattina e si accorge di essere cambiato. Si rade davanti allo specchio semiappannato dalla doccia, si rade per la terza o quarta volta in quella vita fino ad allora da implume. In fretta perché c’è la scuola. Non si trova più a suo agio con i vestiti che ha addosso, non gli piace più la canzonetta del cantante famoso che ha in heavyrotation da due settimane fisso nel suo personale dispenser di melodie con pile e auricolari inclusi nella confezione, si rende conto che non ha più voglia di giocare a fare a botte con i suoi amici ma fissa quel ragazzo coi pantaloni larghi e la fascia tra i capelli che sembra a parte di chissà quale segreto per la felicità e la pace interiore, un giovane nirvana.
Guarda fuori il ragazzo colla fascia tra i capelli, guarda fuori dal finestrino sporco del pullman su cui lo vede tutte le mattine che va a scuola, guarda fuori e non si muove, se non per quel movimento della testa quasi impercettibile della testa che segue il tempo di chissà quale musica di liuti che è distillata dal suo pile e auricolari incluse. Il ragazzo era sempre stato uno che se la mena per lui ma ora lo vede sotto un’altra luce, si sente diverso da lui ma anche diverso dal se stesso della settimana prima quando passava le giornate davanti al PC con la radio commerciale accesa affianco giocando con un mostriciattolo blu in scarpe da tennis rosso-bianche. Si sente diverso e strano, è una sensazione che dà il mal d’aria, ma al contempo dà la sensazione del volo.

Quello stesso pomeriggio va al negozio di vestiti solito a cercare dei pantaloni nuovi di tendenza tra gli implumi ma, quando se li prova, li trova scomodi e non belli come gli sembravano sulle gambe atletiche di quello di quarta che "c’ha un sacco di tipe dietro". Esce dal negozio con dei pantaloni per cui dovrà litigare con il padre perché può starci dentro due volte e perché non vorrà mica uscire con quelle scarpe slacciate. Con le quarantamilalire avanzate va al negozio di dischi all’ultimo piano e compra il disco di cui parlava il ragazzo del pullman con un suo amico che ha anch’egli preso qualche boccata del calumè della pace del giovane nirvana. Arriva a casa, dopo la furiosa paternale del padre e il divieto di uscire per due settimane neanche per andare a comprare il latte, si chiude in camera sua e si chiede perché non è veramente nei telefilm dove finisce ogni litigata con un abbraccio, una pacca sulla spalla e un "ti voglio bene figliolo", cosa che suo padre non gli ha mai detto. Alza il volume dello stereo, tanto i vicini non rompono e i suoi sono andati a far la spesa, inserisce il CD del giovane con i pantaloni larghi e segue il viaggio sonoro del cantante che si definisce un fiero b-boy, cosa voglia dire per il giovare implume con i pantaloni "che ce ne stanno due" è un mistero ma lo ascolta, muove la testa e le mani a ritmo, stacca violentemente la foto dell’ochetta sorridente dall’armadio e l’adesivo della marca di scarpe dal diario, e scuote le spalle, la testa, si alza e si sente come su un ottovolante in un deserto, libero di urlare tutto quello che vuole, come vuole, senza preoccuparsi di quello seduto dietro e di che pensa di lui, si sente libero, pensa, c***o è questo che voglio fare, cassa-rullante-cassa-cassa-rullante- -bum-cha-bum-bum-cha- testi poetici che l’ochetta sorridente di MTV non sa nemmeno possibili, questo è quello che voglio fare, questo è quello che voglio, questo è.

Sul pullman il ragazzo con la fascia tra i capelli lancia uno sguardo ai suoi pantaloni, lui se li sente addosso quegli occhi per lui così confortanti come una carezza materna, quel ritmo che lo aveva così scatenato ora lo culla, si vede riflesso nel vetro del pullman e vede che si sta fissando con occhi pacifici, lo stesso sguardo che aveva il ragazzo con la fascia tra i capelli, è successo di tutto, i suoi amici l’hanno preso in giro per quei "pantaloni del ca**o che ti sei messo", i suoi compagni gli hanno riso dietro, dentro si sente male, prova uno strano senso di solitudine, di abbandono, ma il suo sguardo, si accorge, è quello del giovane nirvana, quello di quarta che "c’ha un sacco di tipe dietro" è lì fuori che cammina nel freddo, con la giacca, i pantaloni, le scarpe, la camicia e l’orologio alla moda, una ragazzina simile a lui sottobraccio, con il fumo della sigaretta che si mischia al vapore del suo alito mentolato dalle gomme della pubblicità, e gli occhi che si agitano frenetici nelle sue orbite, la sua bocca che parla, parla, ride, parla e ride, le mani che si muovono come quelle della scimmietta del circo vicino al campetto da calcio, e gli occhi turbinano. Poi l’implume deriso si volta verso il giovane nirvana e lo trova immobile se non per quel movimento flemmatico -su-giù-su-giù-su- della testa fasciata. E quegli occhi fermi guardano fuori.

Un colpetto delicato sulla spalla lo riporta alla realtà. Si volta, l’implume, e si trova occhi negli occhi di una ragazza che conosce poco. Non l’ha mai notato, ma lei indossa dei pantaloni in cui "può starci due volte", una giacca azzurra, e porta delle scarpe slacciate. -Bei pantaloni, nuovi?- -Eh sì, li ho presi ieri.- -Cosa ascolti?- – (nome del fiero b-boy del bum bum cha)- -Bello! posso sentire?- -Certo, tieni- Legati da un auricolare arancione. -Io lo adoro questo disco, a te piace?- -Non l’ho ancora sentito bene, ma sì.- Le quarantamilalire spese meglio della sua carriera di acquirente di dischi. – Lo sai che sabato, non questo, l’altro, c’è (il fiero b-boy del bum bum cha) al (locale del centro) in cui l’implume ovviamente non ha mai messo piede perché secondo i suoi amici perbene è mal frequentato)? – Ma non conosco nessuno – – Dai vieni che ti presento i miei amici e balliamo un po’ e ci facciamo due chiacchiere – -Vabbè dai, allora vedrò di venire- – Occhei, siamo arrivati, ci vediamo dopo all’intervallo. Ciao – – Ciao –

Un’alleanza tra pupe.

Gli piace all’ex implume essere una pupa, al furbo dagli occhi vispi e pacificati, a quell’"era un così bravo bambino da piccolo", a quello che andrà in quel "posto del ca**o", gli piace veramente tanto quel bozzolo over-size in cui si è appena chiuso. Chissà il vulcano, il cane e la farfalla, a che età si sentivano nuovi, non lo saprà mai ma lui si sente nuovo adesso lì su quel pullman fermo davanti a scuola.

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Pubblicato il 13 Aprile 2004
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