«Nuove e vecchie povertà, aumenta il rischio di vivere alla giornata»

Secondo Mario Salis, coordinatore della Caritas di Varese, negli ultimi anni è aumentato il numero di persone senzatetto e che necessitano di assistenza

Si chiamano "senza dimora", non hanno una casa, né un lavoro. A Varese si stima siano una cinquantina quelli che si servono delle strutture di prima assistenza, una ventina, invece, dormono al centro di Via Maspero. Per gli altri ci sono tutte le altre sistemazioni immaginabili. Una situazione più diffusa in città, ma presente anche in provincia. «Non è possibile fare una mappatura precisa del fenomeno collegato alle povertà estreme, alle persone che sono senza una casa o che necessitano di aiuti anche a livello di prima assistenza – spiega Mario Salis, coordinatore della Caritas pastorale di Varese – , ma certamente il fenomeno è presente anche nel Varesotto, e, anzi negli ultimi anni vi è una tendenza alla crescita».
Diciotto in tutto sono i posti letto alla struttura comunale di via Maspero: 4 sono dedicati ai richiedenti asilo, altri 4 a chi ha avuto a che fare col carcere, 10 sono i letti "residenziali", per chi cioè non ha la possibilità di dormire sotto un tetto. Tre, invece, i punti dove è possibile trovare un pasto caldo: dai frati della Brunella, dove tre volte la settimana esiste un servizio doccia, dai frati Cappuccini di viale Borri e dalle suore di via Luini.
Nel resto della provincia, poi, molto spesso gli aiuti provengono dalle parrocchie, che offrono assistenza.
«L’attività della Caritas non è propriamente rivolta all’assistenza, ma a creare percorsi orientativi rivolti a chi ha problemi – continua Salis. Per questo motivo, grazie ai centri d’ascolto, registriamo le richieste di aiuto. E negli ultimi anni c’è stato un incremento dei casi di povertà e di persone che non hanno più un tetto sotto il quale dormire. Questo è dovuto non solo alla situazione che vede l’aumento di extracomunitari che chiedono aiuto, ma anche a cittadini che fino a ieri facevano una vita "normale" e che nel giro di qualche mese rientrano nella categoria di chi non riesce ad arrivare a fine mese. Alcuni hanno problemi di lavoro, altri di famiglia, ma sempre più spesso vi sono persone che da un mese all’altro scivolano sotto la soglia di povertà. Diciamo che, rispetto a cinque anni fa, è aumentata la possibilità di vivere alla giornata».

Che fare rispetto a questa situazione? Uno spunto proviene da un’associazione milanese, la FIO.psd, la Federazione Italiana Organismi Persone Senza Dimora, che è intervenuta sulla questione dopo la morte del clochard a Cittiglio. «A Cittiglio, in provincia di Varese, la cronaca di questi giorni ha purtroppo registrato il decesso di una persona senza dimora, la notte di Pasqua. Si tratta di una delle tante vittime dell’indifferenza.

Bisogna evitare di scaricare su chi sta in strada l’ultima responsabilità del vivere di stenti. Raramente, infatti, un senza dimora ha scelto di di vivere di elemosina e provvisorietà.

 

La Fiopsd intende ribadire per l’ennesima volta quanto siano necessari, sul fronte della grave emarginazione, interventi strutturali e non residuali, logiche di programmazione e non di emergenza, e soprattutto un’attenzione non assistenzialistica, ma promozionale degli interventi rivolti alle persone senza dimora».
Quanto tempo dovrà passare – si chiede la Fiopsd – perché la questione sia affrontata seriamente e non utilizzando slogan e quante morti nelle piccole e nelle grandi città dovranno ancora avvenire perché si aprano dei tavoli di programmazione e progettazione territoriale sul tema della grave emarginazione?

 

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 14 Aprile 2004
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