Don Mazzolari: un film per farlo rivivere

Un film su don Mazzolari, esempio di coraggio e coerenza. Il suo messaggio si rivela attuale e indispensabile per chiunque

In questo ultimo periodo di santificazioni e beatificazioni se ne sono viste parecchie. Non sempre però la preghiera e l’invocazione sono l’unico mezzo disponibile per manifestare la propria fede. Spesso, o forse sempre, è alla realtà concreta che ci circonda che dobbiamo guardare, vivendo e agendo in essa. Servono allora degli esempi a cui aggrapparsi e a cui fare riferimento, e uno di questi, uno fra i primi, è Don Primo Mazzolari. Di famiglia padana e contadina, Don Mazzolari, parroco di Cicognara e Bozzolo fra il 1921 e il 1959, non è certamente una figura conosciuta a livello nazionale, ma le opere che ci ha lasciato sono un bene di inestimabile valore perché contengono la testimonianza di una vita vissuta seguendo le regole della coerenza e del coraggio. E’ questo il messaggio che il regista Gilberto Squizzato ha cercato di rendere nel film "L’uomo dell’argine"che verrà finalmente trasmesso, dopo un rinvio post-elezioni, il sei e sette settembre su RAI 3, e che ha visto la compartecipazione del primo fra gli eredi del sacerdote, Arturo Chiodi, scomparso nel settembre dello scorso anno. Attingendo da libri e lettere del parroco di Bozzolo, raccogliendo testimonianze dirette di chi lo ha conosciuto da vicino, Squizzato ha prodotto un film che vuole essere la testimonianza della vita di un uomo, non romanzandola e miticizzare, ma utilizzando esclusivamente le parole che furono del prete. L’idea, racconta il regista in un incontro fortemente voluto alle ACLI di Gallarate, era quella di raccontare don Mazzolari "attraverso immagini e situazioni concrete perché il canale è quello della televisione, e quindi ho scartato l’idea di concentrarmi solo sulla sua bontà e generosità, o di etichettarlo attraverso un pensiero sociale e politico preciso, ma ho preferito cercare l’anima di Mazzolani. Quella che ho cercato di far emergere dal film è quindi l’anima del primo vero formulatore di una nuova teologia della storia: la storia non passa da un’altra parte, ma passa dove sei tu, e tu devi essere pronto a dare una risposta: si o no". Don Mazzolani è rimasto per oltre trent’anni un "pretino" di piccoli paesi, ma non per questo si è fatto piegare o ha rinunciato a ciò in cui credeva. Per quanto non portasse a nessuna conseguenza significativa il suo "no" alle richieste dei fascisti "ha sempre dimostrato coerenza umana nelle parole e nelle azioni, e la sua grandezza è dimostrata dalla rete di comunicazione che aveva saputo creare, attraverso i suoi scritti (quasi sempre censurati dal Sant’Uffizio), ma anche attraverso la sua predicazione e soprattutto il suo esempio". Avvolto quasi da un velo misterioso è invece il ricordo di Giuseppe Volta, presidente dell’ Associazione Lazzati di Varese, che, giovane ingegnere, fu "discepolo" di don Mazzolari. La sua è una "testimonianza da vicino", ma attraverso le parole è impossibile spiegare la grandezza del personaggio, visto come figura quasi mitica dalla gente, e poter rendere testimonianza della potenza delle sue parole e del suo messaggio. Don Mazzolani elaborò già negli anni quaranta l’idea di una rivoluzione su base cristiana, parlando prima di tutti di "chiesa dei poveri", e ponendo l’attenzione sul fatto che la Chiesa non ha il dovere di essere prudente, ma di porsi davanti alle situazioni e prendere una decisione nel rispetto del messaggio evangelico. Le sue parole non furono censurate perché sbagliate, ma perché dette in un momento sbagliato. Se non furono ascoltate allora, possono però rivelarsi spaventosamente attuali. Quello che don Mazzolari predica è un pacifismo attivo e una presa di posizione, individuale o collettiva, sempre e comunque: il coraggio di dire si o no.

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Pubblicato il 04 Maggio 2004
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