«Ho visto Bossi, sta bene ed è di buon umore»

Colloquio con il notaio varesino Guglielmo Piatti che ha autenticato la candidatura del senatùr alle europee

«Mi raccomando, non scriva il mio nome, dica solo "un notaio di Varese"; non voglio pubblicità». 
«Guardi che il suo nome è già su tutti i giornali nazionali, ormai tutti la conoscono». «Oh mamma mia, davvero, su tutti i giornali?». 
Il notaio solitamente opera nella discrezione, in fondo a lunghi corridoi, in stanze ovattate. Ma è un pubblico ufficiale e se occorre, se chiamato, a volte si espone anche alla curiosità dei media. 
Guglielmo Piatti è il notaio varesino che nel tardo pomeriggio di giovedì 29 aprile è stato convocato nelle altrettanto discrete stanze del reparto di neurochirurgia dell’ospedale di Circolo. È lui che ha vidimato la candidatura del ministro Umberto Bossi come capolista alle prossime europee. 
Uno dei pochi, esclusi la moglie, i fedelissimi e i sanitari, ad aver visto da vicino il senatùr da quel fatidico 11 marzo in cui si è temuto per la sua vita.
Notaio, può raccontarci l’incontro avuto con l’onorevole Bossi, o è tenuto anche lei alla consegna del silenzio?
«Mah, visto che il mio nome circola e ne ha già parlato l’onorevole Giorgetti… in realtà, non c’è molto da dire, un incontro normale. Sono stato contattato nei giorni precedenti, mi avevano preallertato che avrebbero avuto bisogno di me, senza specificare il motivo. Quel pomeriggio ero disponibile e quindi abbiamo fissato per quella data».

Come ha trovato il ministro?
«Bene, molto bene; almeno rispetto a come in questi due mesi si è riferito sulle sue condizioni»

È riuscito anche a parlare con lui?
«Certo, naturalmente non ha più il vocione che tutti si ricordano, sussurra, ma si riesce a far capire benissimo. Siamo riusciti anche a scherzare».

Questa è davvero una buona notizia; alcuni giornali, nei giorni scorsi, hanno riportato di un umore scuro, una sorta di dolorosa e rassegnata consapevolezza delle proprie condizioni.
«Non mi è parso, mi ha dato l’impressione di forza e tenacia, battagliero per come può esserlo uno nelle sue condizioni».

La sensazione, nelle scorse settimane, era che il desiderio da parte dei leader leghisti per la candidatura di Bossi fosse un un po’ azzardata, una fuga in avanti.
«Mi è parso, invece, molto consapevole della scelta, molto responsabile. Io poi non conosco i dettagli della decisione. Immagino solo che ne abbiano parlato con lui. Il mio dovere era solo quello di autenticare la firma, di certificare che si trattasse di una volontà autentica e autonoma».

Conosceva Bossi in precedenza o è stato il primo incontro?
«No, no , abbiamo avuto contatti tanti anni, all’inizio del movimento quando nel mio studio sono stati notificati alcuni atti. Poi quando la Lega si è allargata si è appoggiata ad altri studi, a Milano o Roma». 

Chi c’era con voi, in ospedale?
«C’era Manuela, la moglie, e l’onorevole Giorgetti, con il quale Bossi si è intrattenuto a lungo, scherzosamente, molto contento di avere vicino una persona giovane».

Ha avuto in qualche modo l’impressione che il ministro si stesse preparando ad una fuga alla chetichella dall’ospedale?
«No, assolutamente. Ma, del resto, la mia presenza è durata in tutto un quarto d’ora, non c’era nessun motivo per cui avrebbero dovuto mettermi al corrente di queste o altre intenzioni. Il notaio deve essere discreto e richiede discrezione». 

 

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Pubblicato il 05 Maggio 2004
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