“La vita in rosa” di Candido Cannavò, maestro di sport e giornalismo

Viva Libro 2004 ha ospitato l'ex direttore della Gazzetta dello Sport; due ore di impagabili aneddoti, memorie e riflessioni

«La vita in rosa per tre motivi. Rosa come la Provvidenza, dopo la mia "seconda nascita", come la chiamo io, sotto il bombardamento a tappeto alleato che il 4 luglio 1943 rase al suolo Catania; rosa come la "Gazzetta", ovviamente; rosa come le donne per cui ho sempre avuto grande amore, mia moglie su tutte, ma vorrei citare tutte le campionesse che hanno onorato lo sport italiano, spesso ancora più amate e seguite dal pubblico dei colleghi maschi.»

Era in gran forma ieri Candido Cannavò, invitato alla Fiera del Libro di Busto Arsizio: un vulcano in eruzione di aneddoti, storie, vicende umane, sport e vita da giornalista, stimolato con qualche domanda dalla collega Chiara Milani, rigorosamente in rosa anche lei. Il pubblico sotto il tendone di Piazza San Giovanni non era esattamente da stadio, complici la finale di Coppa Italia e una campagna pubblicitaria che qualche libraio ha definito poco incisiva, ma per due ore i presenti si sono goduti il ricordo degli eventi più significativi di cinquant’anni di sport e vita sociale del nostro Paese, narrati da uno dei personaggi più spumeggianti e simpatici del giornalismo nazionale. 

Gli atleti, soprattutto: da Coppi e Bartali a Sara Simeoni, da Berruti a Tomba e Soldini, alla Di Centa e a Isi Kostner. I "motori" dello sport: Enzo Ferrari e Gianni Agnelli (che, come ultimo atto pubblico prima di morire, scrisse la prefazione al libro di Cannavò). I drammi umani e le tragedie che hanno costellato lo sport e le famiglie che lo hanno fatto grande: Pantani, Maradona, Giovannino ed Edoardo Agnelli, l’Heysel ("riuscii non so come a cavarne al volo un articolo che ancora oggi mi impressiona per la lucidità dell’analisi di quella tragedia"). «Tutti i grandi che ho conosciuto erano persone semplici, non si davano arie.»

Il Mondiale che più ricorda? «Ovviamente quello dell’82, per come Bearzot seppe creare il gruppo e reagire alle critiche. Quella Nazionale azzeccò in tutto quattro partite, ma furono quelle decisive.» E poi, parlando del grande Varenne ( "un cavallo con un’intelligenza umana") e delle sue straordinarie vittorie, l’impegno per gli animali, su tutto le campagne contro l’abbandono dei cani. «Chi abbandona gli animali è un verme», tuona indignato il giornalista, «ho anche scritto una favola per i bambini per ricordare la fedeltà assoluta dei nostri quattrozampe.»

E ancora, il recente vivissimo interesse per la condizione dei carcerati, che lo ha spinto a scrivere un libro dedicato a loro, "San Vittore: cronache da un carcere" e a visitare le carceri d’Italia. Presto forse visiterà anche la casa circondariale di Busto Arsizio; don Silvano, cappellano del carcere e presente ieri sera, lo ha invitato ufficialmente e ha ottenuto cinque copie autografate del libro per la biblioteca carceraria.

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Pubblicato il 13 Maggio 2004
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