Parla il giudice: «Il mio datore di lavoro è il popolo italiano»

Quasi tutti i magistrati varesini, 27 su 29, hanno aderito allo sciopero nazionale indetto dall'Associazione nazionale magistrati contro la riforma della giustizia

Il giudice e il principe sono ai ferri corti, anche a  Varese. La quasi totalità dei magistrati varesini, 27 su 29, hanno aderito allo sciopero proclamato dall’associazione nazionale magistrati. L’ultima volta che avevano incrociato le braccia era stato due anni fa con un’adesione del 90 per cento, ma senza la corrente di Magistratura Indipendente, la più moderata. Oggi, invece, alla protesta hanno aderito tutti. «La partecipazione è massiccia – spiega il pubblico ministero Anna Giorgetti, nella veste di presidente della sezione varesina dell’Anm – perché ci rendiamo conto della gravità del momento storico. Non stiamo difendendo nessun interesse corporativo, bensì il valore di una giustizia condivisa da tutti i cittadini». (sopra: Anna Giorgetti e Chiara Valori)
Sul banco degli imputati quella che i magistrati chiamano "la controriforma dell’ordinamento giudiziario", voluta dal Governo Berlusconi. Molti i punti contestati: la separazione  delle carriere tra magistratura giudicante (giudice) e requirente (pubblico ministero), i criteri per accedere al concorso, le modalità per l’accesso alle funzioni superiori, il ruolo del pubblico ministero, che non sarà più il titolare dell’azione penale e la conseguente gerarchizzazione delle procure, la scuola di formazione che non farà più capo al Consiglio superiore della magistratura. 
Anna Giorgetti usa una metafora, tratta da un libro, per rappresentare la situazione attuale. «La giustizia è come un cerchio in cui l’autonomia e l’indipendenza del magistrato sono necessariamente collegate all’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla giustizia. L’autogoverno e la centralità dell’autonomia presuppongono la mancanza di un controllo esterno. Questo è un modello di cui la magistratura è gelosa, compresa quella di Varese».

È indubbio che nello scontro tra potere esecutivo e giudiziario si inseriscono tutti gli operatori del mondo della giustizia, avvocati in  testa. «Io solidarizzo sempre con chi lotta per migliorare le proprie condizioni di lavoro – ha detto Sergio Martelli, presidente  dell’Ordine degli avvocati di Varese -, ma nel congresso nazionale di Palermo l’avvocatura si è detta favorevole alla separazione delle carriere. A livello locale  però è diverso, c’è un confronto tra magistrati e camera penale e civile,. Semmai si avverte la mancanza di un indirizzo comune nella magistratura e forse la gerarchizzazione puo’ essere  una risposta».
Sul fatto che la separazione delle carriere possa essere in via teorica una garanzia di maggiore terzietà dei giudici non concorda Giuseppe Battarino (foto sopra), un tempo pm alla procura di Busto Arsizio, oggi giudice a Varese. «Con questa riforma io non avrei potuto fare il pubblico ministero e quindi non avrei potuto comprendere la difficoltà del lavoro degli avvocati, non avrei potuto conoscere le difficoltà della gente quando ha a che fare con la giustizia. Forse sarei oggi un magistrato più decoroso se avessi passato, come vuole la riforma, tutto il mio tempo sui libri, cosa che peraltro i magistrati già fanno per affrontare il lavoro quotidiano, per i vari passaggi di carriera? Se si elimina quel modello avremo pubblici ministeri incarogniti che non sapranno relazionarsi con i cittadini e con  gli avvocati, ma soprattutto poco motivati».

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Pubblicato il 26 Maggio 2004
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