Primo Maggio “immigrato”
Musica e festa di piazza. Grande partecipazione di lavoratori stranieri
Un Primo Maggio particolare che ha portato in piazza un migliaio di persone a Varese. Aspetto centrale della manifestazione è stato naturalmente il lavoro, ma altri temi hanno trovato ampio spazio all’interno delle celebrazioni. Innanzitutto l’allargamento dell’Unione Europea, con l’ingresso di dieci nuovi paesi quasi tutti provenienti dall’ex Unione Sovietica. Questa svolta storica ha già suscitato le prime polemiche, dopo le dichiarazioni euroscettiche del Presidente del Consiglio regionale Attilio Fontana. Daniele Marantelli, consigliere regionale dei Ds, replica così all’esponente leghista: «Invece di cogliere il grande significato intrinseco di questa svolta epocale, dalla pace all’economia, la destra agita fantasmi e diffonde un senso di paura ed incertezza nei cittadini, dimostrando tutta la sua miopia politica».
Anche Ivana Brunato, segretaria della Cgil di Varese, considera l’allargamento una grande occasione e pone l’accento sulle questioni sociali e sindacali: «I Paesi che fanno oggi il loro ingresso nella UE rispettano i canoni formali della democrazia, ma non si può dire lo stesso per i diritti del lavoro. Come sindacati lotteremo a livello di Ces (la federazione europea dei sindacati, NDA) per far si che a fianco di un Europa finanziaria nasca anche un Europa sociale, fondata sui principi di uguaglianza e solidarietà». Sulla stessa lunghezza d’onda anche Stefano Tosi, coordinatore provinciale dell’Ulivo: «La Costituzione europea deve ispirarsi a quella italiana facendo esplicito riferimento al lavoro ed alla sua valenza sociale. Bisogna coniugare sviluppo e benessere, la competizione economica non può avvenire a discapito dei diritti».
Altro aspetto fondamentale di questo Primo Maggio è stato certamente il tema della pace. Numerose persone hanno sfilato con la bandiera arcobaleno, mentre le “Donne in nero” hanno più volte lanciato slogan per il ritiro delle truppe italiane dall’Iraq. Contro la guerra e contro il terrorismo si sono espressi anche i lavoratori dell’Anolf, l’associazione sindacale dei lavoratori immigrati legata alla Cisl. Uno dei leader, il marocchino M’Hammed Sayaih, spiega così la posizione della sua organizzazione: «Condanniamo tutte le guerre ed ogni forma di terrorismo, e quando dico ogni mi riferisco anche al terrorismo amministrativo della Bossi-Fini. Noi immigrati siamo discriminati, facciamo ore di code davanti alla Questura ed abbiamo enormi difficoltà persino a trovare una casa». Lealtà e riconoscenza al paese che li ospita, ma anche dura lotta per vedersi riconoscere gli stessi diritti di cui godono i cittadini “normali”, come ribadisce dal palco l’ivoriano Jacques Amani: «Ci viene dato e riconosciuto di meno come se avessimo meno bisogno degli altri, quando invece casomai è un immigrato ad avere maggiori problemi».
Nel suo energico discorso conclusivo Roberto Benaglia, segretario regionale della Cisl, tocca tutti questi aspetti aggiungendo anche dure critiche al governo e alla politica economica. Denuncia la pericolosa distanza che c’è tra il paese istituzionale e raccontato dai media rispetto al paese reale e punta il dito contro il tentativo di relegare il sindacato in un angolo: «I sindacati sono un elemento essenziale della democrazia, cercare di emarginarli è una politica miope ed ideologica pericolosa non solo per i lavoratori ma per tutto il Paese».
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