Sogno, reliquia di un mondo diviso dalla guerra fredda, diventa l’icona di una vaga idea di «Libertà»

Di Enzo Laforgia

Caro direttore,

Edgardo Sogno «apostolo della libertà»: così recita la targa che arricchisce da due giorni lo stradario varesino.
Dichiaro subito tutto il mio sollievo di cittadino: abitando infatti in altra via, non dovrò mai indicare nel mio indirizzo il nome e cognome di un tale personaggio. Permane, invece,tutto il mio sconcerto dopo aver letto le paginette distribuite in occasione della cerimonia di intitolazione e diffuse nelle scuole cittadine. Sappiamo che la senilità scatena ondate emotive difficilmente controllabili, ma nemmeno la pietà o il senso di rispetto verso gli anziani riescono a rendere digeribili le parole di Egidio Sterpa. Nel ritratto agiografico del suo Sogno, si sprecano le qualifiche di "eroe", "combattente", "guerriero", "uomo d’azione", "idealista", "temerario", "avventuroso e avventuriero da romanzo d’appendice", "cavaliere" e, addirittura, "moschettiere spavaldo e irridente". E altrettanto ardite appaiono le righe che vorrebbero giustificare «i legami» storici tra la città di Varese e l’«apostolo» in questione. I «legami», risalirebbero a quel famigerato incontro del 30 maggio 1970 (ricordato anche da Sergio Zavoli nella sua Notte della Repubblica), quando si riunirono in Biumo una trentina di ex partigiani autonomi per dar vita ai Comitati di Resistenza democratica.
Peccato che per "Resistenza democratica" Sogno, affiancato da Luigi Cavallo, intendesse quel golpe bianco che avrebbe dovuto instaurare nell’Italia del 1974 un regime autoritario, giustificato dalla volontà di smantellare la presuntaegemonia cattocomunista (leggano, i sostenitori dell’apostolo, le dichiarazioni rilasciate ad Aldo Cazzullo nel libro-intervista Testamento di un anticomunista. Dalla Resistenza al golpe bianco, Milano 2000, volume stranamente trascurato dai consigli di lettura di Sterpa). La vocazione golpista doveva essere una vera passione per "l’alfiere della monarchia": già all’indomani del referendum istituzionale, che cancellava per sempre dalla storia d’Italia la vergogna e l’infamia dell’ultima stagione monarchica, l’instancabile "moschettiere" aveva proposto ad Umberto II di tentare il colpo di stato utilizzando i soldati polacchi del generale Anders che avevano combattuto a Montecassino.
Sogno, reliquia di un mondo diviso dalla guerra fredda, è stato riproposto a Varese come icona di una vaga idea di «Libertà», accompagnato da un corteo surreale che sabato 23 faceva sfilare fianco a fianco bersaglieri e simpatici nostalgici della monarchia sabauda (conclusasi ingloriosamente ben sessant’anni or sono), nei curiosi e un po’ commoventi panni della Guardia d’onore alle Reali tombe del Pantheon. La sua vicenda, proposta attraverso l’unica chiave di lettura dell’anticomunismo, diventa metafora della cultura storica e politica nonché dell’orizzonte morale della destra che oggi governa, chiamata in forze a celebrare l’evento. Pertanto non possiamo che augurarci che questa destra ripercorra sino in fondo la parabola del suo eroe: candidatosi nel 1996 come indipendente nelle liste di An nel collegio senatoriale di Cuneo non riuscirà ad essere eletto. La sua idea di «Libertà» non convinse i cittadini cui chiese il voto.

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Pubblicato il 25 Ottobre 2004
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