L’Insubria in missione in Antartide

I ricercatori Mauro Guglielmin e Fabio Baio in partenza per il Polo Sud. Scopo delle ricerce: conoscere qualcosa in più sul nostro pianeta, e su Marte…

Domani, 25 ottobre, i docenti dell’Insubria Mauro Guglielmin e Fabio Baio partiranno per un laboratorio. Fin qui niente di nuovo penserete, ma la location di queste ricerche è decisamente estrema: Guglielmin e Baio, infatti, voleranno verso l’Antartide. I due geomorfologi fanno parte del team di glaciologia dell’Università dell’Insubria, che si recherà al Polo Sud per studiare il permafrost, cioè quella parte di suolo e sottosuolo rimasta almeno per due anni sotto gli 0°C. Le ricerche fanno parte di un progetto del PNRA (Programma Nazionale Ricerche in Antartide) coordinato proprio dall’Ateneo varesino, intitolato “Permafrost, Cambiamento Climatico ed Ecosistemi”. Capire quali siano i meccanismi di funzionamento del permafrost, infatti, significa anche conoscere qualcosa in più sui grandi cambiamenti climatici che sembrano affliggere il nostro pianeta negli ultimi anni.

 

Per realizzare le loro analisi i ricercatori si stabiliranno sull’isola di Signy, dove Guglielmini era stato già l’inverno scorso. Nella stessa area, tra l’altro, sono state fatte ricerche risalenti a circa 50 anni fa, e questo faciliterà la costruzione di un’analisi basata sulle variazioni storiche. Dai risultati già raccolti sembra che i cambiamenti climatici degli ultimi 50 anni abbiano condotto ad un aumento del  40-50% dello “strato attivo” del permafrost, cioè della sua parte più superficiale. Queste variazioni, da confermare nelle ricerche, potrebbero giustificare la diminuzione dei molluschi e l’aumento delle graminacee già registrato. I dati acquisiti dal team dell’Insubria si riveleranno fondamentali nella costruzione di un nuovo modello, in grado di prevedere i mutamenti climatici che coinvolgeranno la Terra in futuro.

 

Ma non finisce qui, perché le ricerche di Guglielmin e Baio coinvolgeranno anche un altro campo di ricerca scientifica, l’astrobiologia. Alcune zone dell’Antartide, infatti, rispecchiano piuttosto fedelmente l’ecosistema di Marte. Quindi capire come funziona la vita nelle aree fredde della Terra, può aiutarci a capire cosa accade sul pianeta Marte. La cosa più interessante, in questo senso, è che negli strati più profondi del Permafrost (quelli più simili ai terreni di Marte) si sono sviluppate forme di vita elementari, come i batteri e i microbi.

 

Infine un altro indirizzo di ricerca che interesserà gli scienziati dell’Insubria sarà quello che li porterà a confrontare i dati acquisiti sul permafrost delle Alpi con quelli che ricaveranno al Polo. Da recenti rilevazioni effettuate nell’alta Valtellina, infatti, è emerso un aumento di circa mezzo grado in cinque anni della temperatura del permafrost alpino, misurata a 15-30 metri di profondità.

 

Alla base di Signy i ricercatori dell’Università di Varese contribuiranno alla realizzazione di una stazione di monitoraggio, che si inserirà nella rete internazionale di monitoraggio del permafrost, pronta entro il 2007. Parte di questi strumenti è stata finanziata dal PNRA, che ha contribuito con 20.000 euro al progetto.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 24 Ottobre 2005
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