Taizè, la carica di pace dei 50 mila

Sono in 1500 solo nella zona pastorale varesina. Pregano tre volte al giorno in momenti che prevedono minuti interi di silenzio e canti che ripetono per decine di volte la medesima frase, spesso in spagnolo o in polacco, quando non in latino

Sono in 1500 solo nella zona pastorale varesina, si riuniscono in 50 mila a Milano ogni giorno. Pregano tre volte al giorno in momenti che prevedono minuti interi di silenzio (oggi, nella parrocchia di Giubiano, quasi dieci, per riprendere la concentrazione)  e canti che ripetono per decine di volte la medesima frase, spesso in spagnolo o in polacco, quando non in latino. In più viaggiano con addosso sempre tutto: stoviglie, materassini, l’immancabile zainetto con guida turistica, mappa della città e dizionario.
I partecipanti al meeting internazionale di Taizè – spessissimo, ma non necessariamente, giovani –  sono un mistero, da anni, per tutti: per chi li guarda dal lato dell’esperienza religiosa e per chi li guarda come “globetrotter spirituali”.

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In verità, sono un “mistero” che si comprende solo vivendo per un giorno con loro: metà del quale in questi giorni, i 1500 ospitati nelle case della provincia, è passato a Varese e dintorni.
Il primo appuntamento è alle 8 e trenta per la preghiera del mattino, che si svolge, nel nostro decanato per esempio, nelle parrocchie di Giubiano, Masnago, Casciago, Malnate e San Fermo.
Un’occasione per i varesini unica per avere almeno un po’ l’idea dell’aria nuova e dell’accoglienza a tutto tondo che questa comunità riserva a chi si riunisce con loro, e che vale la pena di imparare. (Nel file audio, uno dei canti registrati nella matitna alla parrocchia di giubiano – file mp3, 986K)

La preghiera del mattino dura mezz’ora, fino alle nove: dopo, nelle stesse parrocchie, l’appuntamento è con gli “Hope’s signs” i segni di speranza: testimonianze locali condivise anche dialogicamente con i partecipanti a Taizè. Alle dieci partenza per Milano, dove li aspetta a FieraMilanoCity il primo pasto (alle 12) e la prima preghiera comunitaria (alle 13,15). I pasti in particolare, sono mitici tra tutti coloro che vi hanno partecipato: da quasi vent’anni consistono in una scatola riscaldata con all’interno una specie di spezzatino/zuppa di vario genere e dagli ingredienti incerti,  un panino, un formaggino confezionato e un frutto.
Stoviglie, bicchieri e posate ognuno se le porta da sé, da campeggio, e mangia dove può: in un’atmosfera di allegria spartana, tra il gigantesco raduno scout e il ristoro dei profughi.
Il pomeriggio è dedicato invece agli incontri di riflessione a tema: inutile dilungarsi, vi basti sapere che tra questi esiste anche un “gruppo del silenzio”. Scampoli di pomeriggio servono anche alla parte più turistica del meeting: si conosce la città, si socializza – facilissimamente, una delle più straordinarie caratteristiche dell’incontro internazionale – con persone che parlano lingue diversissime dalla tua. La cena, servita con le stesse modalità del pranzo, è alle 18, e l’ultima preghiera comunitaria è alle 19,30.
Le preghiere comunitarie sono in assoluto la parte  più stupefacente e suggestiva della giornata: soprattutto per i 50mila che cantano o tacciono all’unisono, in un’atmosfera di pace tibetana e con un’organizzazione ferrea che consente di ascoltare le frasi pronunciate in tutte le lingue, radunandosi in settori.
Ma lo sono anche per le brevi, intense parole che un tempo pronunciava frere Roger, e ora dopo la sua morte  – violenta, malgrado sia avvenuta a 90 anni – pronuncia Frere Alois. (qui, le parole del 29 dicembre).

Per chi volesse ancora partecipare in Varese a qualche iniziativa, va ricordato che il 31 dicembre alle 23, in ogni parrocchia coinvolta, ci sarà una veglia di preghiera per la pace “alla Taizè” che sarà seguita da una “festa dei popoli”, festa di capodanno multilingue con i partecipanti al meeting.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 30 Dicembre 2005
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