«Capannone, villetta e nanetti in giardino. Il tramonto di un modello»
Il capitalismo personale impone una lettura nuova del territorio. Una rete vera tra imprenditori, università e centri di ricerca
Se pensate che il nuovo capitalismo sia rappresentato dalla fabbrichetta con a fianco la villetta del padrone, con tanto di giardino e nanetti sparsi, siete sulla strada sbagliata. Se pensate che sia la grande fabbrica, fumosa, grigia, tetra e che ammorba il territorio, siete dei nostalgici. Queste due immagini efficaci sono di Aldo Bonomi, sociologo che ha presentato all’università dell’Insubria il suo ultimo libro "Capitalismo personale" , scritto a quattro mani con Enzo Rullani.
Secondo Bonomi il nuovo capitalismo è costituito da imprese medio-piccole, il cui valore è rappresentato dalle persone che la animano.
«È vero per competere bisogna credere – conferma Walter Baggini, presidente di Formas e titolare della Comec, azienda leader nella tampografia industriale – perché la competizione è terribile, e non solo nel tessile e nel calzaturiero. Il nostro valore è rappresentato da un prodotto ideato da una squadra di ingegneri che studiano soluzioni personalizzate. Nel gioco della grande competizione globale i profitti diminuiscono e per gli imprenditori diventa strategico l’accesso al credito e la fiducia del mondo bancario».
Nonostante l’azienda di Baggini abbia partecipazioni in altre società americane e francesi e un mercato tutt’altro che di prossimità , lui continua a definirsi «un artigiano», anche se artigiano di fatto non è.
Una definizione che si sposa perfettamente con la tesi sostenuta da Bonomi e Rullani e che, naturalmente, fa felice Giorgio Merletti, presidente dell’Associazione artigiani. «Noi siamo stati i primi a mettere insieme i termini "capitalismo" e " personale" e qualche anno fa avevamo chiesto proprio a Bonomi di aiutarci nella confezione di questo nuovo vestito, che lui ci ha cucito addosso in maniera perfetta. Le imprese artigiane si sono sempre autogestite, anche nel credito che è un punto fondamentale di tutto il discorso. Penso che in questa nuova fase manchi molto il ruolo progettuale della politica, soprattutto nel sud della nostra provincia dove ci si riempie la bocca solo con Malpensa».
"Capitalismo personale" significa anche avere un ruolo di coesione sociale. L’isolamento non paga più e il localismo fine a se stesso è un limite forte allo sviluppo. «La domanda da porsi- dice Gianni Mazzoleni, segretario di Cna – è se siamo di fronte ad un processo irreversibile, rispetto all’impoverimento del tessuto socioeconomico del territorio, e soprattutto se la coesione sociale è contenuta nella ricostruzione del territorio. L’artigiano che condivide con gli altri rischio, autonomia e conoscenze, credo che sia ancora un elemento di forte coesione».
Un territorio regge la sfida della globalizzazione solo se sviluppa una rete adeguata. Aldo Bonomi utilizza anche in questo caso una metafora efficace: "la città infinita". Da Varese a Brescia ci sono 550 mila imprese, quasi due milioni di lavoratori e otto università. «Bisogna fare una rete vera tra queste realtà – dice lo studioso – e Varese non puo’ continuare a pensarsi da sola dentro la modernità».
In effetti la presenza di due università nel giro di venti chilometri è un’opportunità che non sempre viene colta dalle aziende. «In un tessuto di piccole e medie imprese come quello varesino – spiega Rossella Locatelli, preside della facoltà di Economia all’università dell’Insubria – la logica d’impresa non viene mai separata da quella personale. Per le imprese, però, la spontaneità non puo’ essere più l’elemento che muove tutto. Occcorre che l’imprenditore si presenti in modo strutturato, basando la sua azione non più sull’empatia, ma in maniera sistematica. L’università in questo senso puo’ fare molto: formando i futuri imprenditori, provando a leggere in maniera strutturata la realtà e facendo formazione continua. Anche agli imprenditori non farebbe male, di tanto in tanto, tornare sui banchi di scuola».
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