Flavio Oreglio: “Non tutti possono giocare con le parole”
Oreglio ci invita a parlare della nostra ignoranza, e noi l'abbiamo fatto con lui. Imparando che non tutti sanno parlare veramente, specialmente in campagna elettorale...
"Il pensiero è proprio tutto, il pensiero è casa mia". Per raccontare il nuovo spettacolo di Flavio Oreglio sono proprio queste ultimissime parole, inserite nella canzone finale della show, le più adatte. Un titolo provocatorio ("Siamo una massa di ignoranti: parliamone"), un gioco, quella della poesia catartica, che non è ancora finito, e tanti discorsi generali in grado di toccare, con innumerevoli frecciatine, la realtà attuale. Insomma, tutto quello che serve per insegnarci ad ascoltare.
Questo è il programma per la serata del 25 febbraio al teatro di Varese, con un artista più introspettivo che mai. Ingredienti decisamente singolari, in una veste oggi piuttosto inusuale. Così Oreglio descrive le sue serate: «Io arriverò in teatro e farò un tipo di spettacolo di teatro canzone, quindi ci saranno monologhi e canzoni». Insieme a lui i fedelissimi Two Guitar Players: Dario Poleroni (basso), Massimo Tuzza (batteria), Lorenzo Arco (chitarra elettrica), Stefano Cobri (chitarra acustica) e Andrea Vandoni (violino e pianoforte).
La forma, quindi, rimane la stessa dello spettacolo precedente, "Il momento catartico", «ma questa volta il discorso sarà più omogeneo».
"Siamo una massa di ignoranti: parliamone". Appunto, parliamone: in che senso siamo tutti ignoranti? «Lo spettacolo è un ragionamento sull’ignoranza di oggi. Su una serie di questioni nell’interpretazione del linguaggio, dall’uso di frasi vuote fino all’informazione sbagliata».
Proprio Oreglio, l’uomo che gioca e ha fatto giocare tanti con il linguaggio, con quelle poesie catartiche che non sono un semplice divertissement, ci ricorda che le parole devono comunque avere un significato: «Uno dei concetti sviluppati è proprio quello per cui nella comunicazione nessuno ascolta più. Come quando facciamo uso di parole che non comprendiamo, come quelle straniere, o frasi senza senso ma usate perche sembrano belle».
Ad esempio? «Ad esempio una frase come "L’uomo sta rovinando il pianeta". Non significa nulla, è decisamente impreciso. Piuttosto dimmi "Alcuni uomini stanno rovinando il pianeta"».
Ovviamente, quando si parla di luoghi comuni e frasi fatte non si può non pensare al giornalismo. Ma per bontà nostra c’è anche chi sembra messo peggio, la politica, specialmente quando si è in campagna elettorale… «In alcune campagne si dice che si difendono gli interessi degli italiani. Anche questo è decisamente impreciso, devi dirmi di quali italiani stai difendendo gli interessi».
Nomi precisi, ovviamente, non si fanno: "Non spetta a me dire queste cose, noi proviamo a fare un discorso generale divertendoci". Generale ma non generico, sta tutta qui la differenza di chi sa usare veramente le parole.
Quindi bando agli slogan e alle frasi fatte, e prendiamo sul serio quello che ci dicono: «Si può giocare con le parole, come quando facciamo il gioco della poesia catartica. Ma un conto è giocare, un altro discorso è la politica, una disciplina di grande responsabilità».
Insomma, le parole hanno un peso, o almeno dovrebbe darglielo chi le ascolta. Un insegnamento decisamente originale per lo spettacolo di un comico: «pur divertendoci, vogliamo invitare le persone ad usare la testa, la soluzione ai problemi ce l’hai, basta saper ascoltare».
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