Pizzeria mafia: vi piace?

Dove si parla di vignette danesi e bar varesini, si auspica un numero a tre e si liscia il pelo ai gatti

Da laici convinti quali cerchiamo di comportarci, qui a bottega, a proposito della bagarre sulle vignette sataniche, la pensiamo così: libertà di espressione non significa propriamente dire e fare tutto quel cavolo che ci pare. Proprio lo spirito critico e la cultura del dubbio che ci accompagnano ci fanno essere un po’ cauti nei confronti di chi ha preso le parti tout court di chi ha disegnato Maometto con una bomba in testa. Per dire: non riteniamo che vendere riviste porno sul sagrato di san Pietro sia un esercizio di libertà, ma un scemenza offensiva. Stiamo con lo scrittore israeliano Abraham Yehoshua, che sul “Corriere della sera” dichiara: “Da ebreo, capisco la rabbia dei musulmani”. E anche con Gad Lerner che in tutta questa storia ci vede una montatura mediatica, per nulla corrispondente alla realtà, ma ad uso e consumo di fanatici dell’una e l’altra parte: “Come mai ci si indigna adesso per delle vignette pubblicate cinque mesi fa?”

ONDA ANOMALA – Se il ragionamento di cui sopra non vi ha convinto, sentite questa storiella che capita nel cortile di casa nostra. Immaginate di andare, poniamo, in Svizzera e vedere un’insegna che recita “Pizzeria mafia”; oppure “Ristorante italiano Dux”. Realizzato? Bene, in viale Borri c’è un bar, un onesto baretto con annesso biliardo, che inalbera un’insegna al neon nuova di zecca che recita “Bar tsunami”, con tanto di muro d’acqua disegnato. Ora, come dovrebbero sentirsi un indonesiano, un cingalese o un indiano che passano di lì? Devono consolarsi dicendo «Bè, è la libertà d’espressione e d’impresa…». Oppure intitolare un locale a un fatto – per giunta recente – costato la vita a 240 mila persone è una scelta di dubbio gusto?

FACCIAMOLO IN TRE – Badando al mero interesse di noi cronisti ci auguriamo che alle prossime elezioni amministrative di Varese (e a questo punto anche di Busto e Gallarate) la corsa sia a tre. Nel caso in cui Lega e resto del Polo si compattassero potremmo imitare Dan Peterson e dire «Mamma, butta la pasta…». In caso contrario l’intero dibattito politico avrebbe da guadagnarci. Nell’ipotesi del “triangolo” infatti, l’Unione recupererebbe chances di vittoria e sarebbe obbligata a smetterla una volta tanto con piagnistei, tafazzismi e bizantinismi morotei. Forza Italia, dal canto suo, liberata dal giogo leghista, avrebbe la possibilità di dire veramente “qualcosa di destra” e ci risparmierebbe la condiscendenza al folclore leghista che la città ha dovuto sorbirsi negli ultimi anni. Last but non least, la Lega, non avendo certezze di vittoria ma dovendosi guadagnare il consenso sul campo, potrebbe limitare eccessi e celodurismi. Mica male, no?

IL PELO (DI GATTO) NELL’UOVO – A leggere le cronache degli ultimi giorni, parrebbe che Belforte viva in un ecosistema più complicato e fragile della barriera corallina; particolarmente complicata, poi la questione legata all’uso dell’ex Macello Civico. Dunque, andate a monte le proposte di costruire lì degli alloggi popolari e il liceo artistico, è stata bocciata anche la proposta di ricavarne un rifugio per gatti abbandonati. Quale tremendo impatto ambientale possano provocare una decina di mici senza padrone non è ben chiaro. Ma di bocciatura in bocciatura lì continua a rimanere un capannone marcio e con il tetto di amianto. Almeno i gatti tengono compagnia.

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Pubblicato il 04 Febbraio 2006
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