D’Ambrosio scatenato contro la “cultura dell’illegalità”

Durissimo l'atto d'accusa dell'ex procuratore di Milano, candidato al Senato per i DS, nei confronti di Berlusconi e del suo governo

Un Gerardo D’Ambrosio ispirato e convicente è stato protagonista dell’incontro tenutosi in serata al Museo del tessile di Busto Arsizio. Accanto a lui Daniele Marantelli e Maurizio Maggioni, candidati per i DS e l’Ulivo (come D’Ambrosio stesso) alle prossime elezioni. Marantelli ha ricordato che serve ridare fiducia, favorire gli investimenti produttivi e contrastare quelli speculativi e che bisogna controbattere alla "propaganda del terrore che falsifica il programma della sinistra: la gente, in un Paese con un 20% di analfabetismo di fatto, ci sta credendo e me ne accorgo dalle domande che mif anno in giro per i mercati". Ma il protagonista indiscusso della serata è stato l’ex Procuratore della Repubblica di Milano.

D’Ambrosio si è subito scagliato contro la lentezza dei processi (in media 10 anni per una causa civile, 8 per una penale), causata dal "disinteresse" mostrato dal governo per le necessità minime della magistratura, soprattutto in fatto di informatizzazione dei registri. "È per questo che tanti criminali tornano a piede libero: lo dispone la legge, se non risultano precedenti a loro carico, processi pendenti eccetera. E magari ce ne sono eccome, ma spesso non ci sono il personale o i mezzi per aggiornare i registri. A Milano, dove abbiamo informatizzato tutto, i delitti sono scesi del 25% in un anno". La lentezza della giustizia ha effetti anche sull’attrattiva dell’Italia per gli investimenti esteri: "uno dei motivi fondamentali per cui le aziende straniere fuggono dall’Italia è proprio la lentezza dei procedimenti legali". D’Ambrosio non lo cita affatto, con esemplare diplomazia, ma anche il fatto che in Italia vi siano qualcosa come 150.000 avvocati (dato del 2005), e che la litigiosità degli italiani sia leggendaria, non è certo d’aiuto.

La "questione giudici" partì con l’indagine di Mani Pulite, che fu popolarissima fra la gente comune: "Probabilmente perchè in quell’occasione mostrammo in modo concreto, mettendo sotto processo anche i potenti, che davvero la legge poteva essere davvero, e non solo a parole, uguale per tutti". Alla negazione sistematica di questo assunto ("solo i miei pari mi possono giudicare" ha dichiarato in passato il capo del governo, considerandosi evidentemente solutus legibus) si sarebbero ispirati i provvedimenti del governo Berlusconi in materia di giustizia, tutti segnati a detta di D’Ambrosio da un’ostilità preconcetta verso la magistratura e da evidenti interessi personali.

Si cominciò con le norme sulle rogatorie, per impedire l’acquisizione dall’estero di materiali fondamentali – guardacaso necessari per certi processi contro certe persone in posizioni di potere – norme che la magistratura cercò di "dribblare" attenendosi ad una interpretazione in linea con le regole costituzionali. Seguì la depenalizzazione del falso in bilancio, visto che certe persone di questo erano accusate, con tanto di drastica riduzione dei tempi di prescrizione; il tentativo, con le norme sul "legittimo sospetto" di spostare i processi dall’invisa, ostinata e fastidiosa Procura milanese; la separazione delle carriere fra pubblici ministeri e giudici; gli attacchi continui agli organi di rappresnetanza dei magistrati, Csm in testa, fino a snaturarlo introducendoovi una maggiore rappresentanza politica e minandone l’indipendenza; il tentativo di garantire l’immunità alle alte cariche dello Stato, propedeutico forse ad una prevista scalata al Quirinale, e bocciato dalla Corte Costituzionale; e ancora la legge Cirielli, a ridurre e spesso dimezzare i tempi di prescrizione. Una galleria degli orrori legali.

"Hanno voluto proseguire nella cultura dell’illegalità" commenta D’Ambrosio; "del resto, quando il capo del governo vanta che il 40% della ricchezza nazionale viene dal sommerso, quando i condoni fiscali premiano i furbi e umiliano gli onesti, e lo scudo fiscale di Tremonti premia gli evasori che avevano portato i soldi all’estero e chi, mafie incluse, maneggia enormi somme nei paradisi fiscali, che dire?" Propio le mafie sono state ogggetto di un attacco duro e senza compromessi da parte dell’ex magistrato: "Dobbiamo dire forte e chiaro che con le mafie non vogliamo convivere, che vanno sradicate, perchè hanno impedito lo sviluppo dell’intero Mezzogiorno. Guardate i cantieri della Salerno-Reggio Calabria, fiore all’occhiello delle Grandi Opere: sono sempre fermi, perchè le ‘ndrine hanno il monopolio dei mezzi di movimento terra. Volevano vendere il demanio dello stato, e chi lo avrebbe comprato, nel Meridione e altrove, se non chi non sa più dove investire gli immani profitti illeciti del traffico di droga, come la ‘ndrangheta monopolista della cocaina?" Un altro spietato affondo è andato a segno sul fronte della cultura civica: "Basta con il favoritismo e il clientelismo. Questa cultura ha fatto fuggire gli ingegni migliori, che nell’università italiana non avevano speranze, scavalcati nei concorsi dai raccomandati. E quando vi fu la prima grande crisi economica, nei primi anni Novanta, fu perchè le aziende non investivano più in ricerca e sviliuppo, bensì per comprarsi l’appoggio dei politici in modo da ottenere appalti": da qui nacque Mani Pulite. Al centrodestra D’Ambrosio ha contestato infine anche di aver stravolto la progressività dell’imposizione fiscale, prevista esplicitamente nella Costituzione: "È inutile diminuire le tasse ai ricchi, non incide in niente sulla capacità di spesa. Bisogna invece ridare fiato ai portafogli della grande massa della popolazione se si vuole rilanciare il paese".

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Pubblicato il 30 Marzo 2006
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