Dallo stadio all’oratorio. Ultras e albanesi insieme per spacciare

La squadra mobile ha arrestato 32 persone che spacciavano droga su tutto il territorio. Tra questi alcuni tifosi del Varese e dell'Inter

Era una joint venture dello spaccio di stupefacenti. Italiani e albanesi – in tutto 32 persone – che gestivano insieme lo smercio della droga su tutto il territorio della provincia. Gli spacciatori non trascuravano nessun luogo: dai bar ai parcheggi, dalle discoteche agli stadi di calcio, persino gli oratori.
L’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip Ottavio D’Agostino è stata eseguita questa notte: 32 arresti, tra cui due donne, 50 indagati a piede libero, 80  perquisizioni domiciliari e grandi quantità di cocaina sequestrata. Identificati almeno un centinaio di acquirenti, tutti molto giovani a dimostrazione che il fenomeno in provincia di Varese è ormai dilagante. Tra gli arrestati esponenti della tifoseria del Varese e dell’Inter, da sempre legate ad ambienti dell’estrema destra. All’operazione chiamata “Botton down” hanno partecipato
equipaggi dei reparti di prevenzione crimine di Milano, Padova, Genova e Torino e 18 equipaggi delle squadre mobili delle province vicine.

L’indagine, condotta dalla squadra mobile di Varese e coordinata dal sostituto procuratore della Repubblica Tiziano Masini, è iniziata nel novembre del 2004 con il sequestro di un grosso quantitativo di ecstasy.  Gli investigatori arrivano a Morazzone, nel parcheggio “New street ” (dalla scritta riportata  con uno spray su uno dei muri che delimitano l’area), luogo di incontro degli spacciatori e di smercio della droga. Da lì l’indagine si allarga a macchia d’olio e approda a Luino, Lavena Ponte Tresa, Gallarate, Busto Arsizio per sconfinare nelle province di Como, MilanoGenova, al punto da richiedere l’aiuto dei rispettivi commissariati. Pedinamenti, intercettazioni e filmati portano la polizia sulle tracce degli elementi di riferimento dell’attività di spaccio: V.M., G.C. (conosciuto come Lollo) cugini ed entrambi di Morazzone e Ivan Salemi di Castiglione Olona.
Le indagini, che vanno avanti per circa sette mesi, mettono in luce legami stabili tra gli spacciatori italiani e i gruppi di albanesi molto attivi nel traffico di stupefacenti e in collegamento con le organizzazioni che operano nel milanese. Da loro infatti si riforniscono i pusher nostrani per soddisfare la crescente domanda di cocaina, hashish e marijuana che arriva dal territorio. Seppur tutti molto giovani, tra i venti e i trent’anni, gli spacciatori italiani smerciano la roba con disinvoltura e non si tirano indietro se c’è da minacciare e intimidire chi non paga.

Inquietante, come sottolineano gli inquirenti,  il contesto sociale che fa da sfondo all’attività criminale: sono tutti giovani, nullafacenti e in parte legati al tifo calcistico di estrema destra. Molti di loro sono anche consumatori.
Tra le immagini filmate durante l’inchiesta, che scorrono sul televisore della questura, c’è anche una scritta su un muro “Claudino uno di noi”,  riferita al barista di Besano ucciso da un albanese nel giugno scorso. «Si tratta di frequentazioni comuni nell’ambito del tifo calcistico varesino» dice il capo della squadra mobile, «escludiamo però collegamenti tra questa operazione e l’omicidio di Claudio Meggiorin».  Frequentazioni, legami o vicinanze pericolose sulle quali la procura replica con un secco «no comment». «Sarebbe scorretto – aggiunge il pm Tiziano Masini, pubblica accusa anche nel processo per l’omicidio di Besano – dire che c’è un collegamento, anche perché il ragazzo è morto e non si puo’ difendere. Sul resto non commento.Quando dico che bisogna appurare le circostanze antecedenti il delitto Meggiorin, ancora poco chiare, mi riferisco alle affermazioni contraddittorie circa i tempi dei collegamenti tra i cellulari del Mnela e il minorenne».

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 22 Marzo 2006
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