Enel, Suez, Gaz de France, OPA e Tecoppa

Sono stati tutti molto indignati, in Italia, riguardo la fusione decisa tra Suez (società privata) e Gaz de France (società a maggioranza pubblica) cosicché l’OPA (Offerta Pubblica di Acquisto) progettata da Enel nei confronti di Suez non ha potuto avere luogo. Il boccone era diventato veramente troppo grosso.

Questa indignazione mi fa pensare a Tecoppa, il personaggio del teatro meneghino che, impegnato in un duello all’arma bianca, protestava verso l’avversario: “Ma se lui si muove, io come faccio a infilzarlo!”.

Le prime reazioni italiane hanno considerato un ricorso alla UE per infrazioni da parte della Francia alle norme europee. Si è poi visto che sotto questo punto di vista la cosa appariva regolare. Il nostro ministro delle attività produttive Scajola ha poi detto che era censurabile che il governo francese usasse risorse pubbliche per ostacolare un’operazione di mercato. Ma una procedura di fusione non comporta investimenti: si tratta di sostituire azioni di una società con azioni di un’altra, che ingloba la prima. Una possibile censura la vedo da parte dell’autorità per la concorrenza, se ed in quanto il nuovo soggetto acquisti una posizione dominante sul mercato. Ma è questione da indagare e da dimostrare. E allora?

Un’operazione di fusione di tal fatta non può essere improvvisata, e sono portato a prendere per buona l’affermazione del premier francese Dominique de Villepin secondo cui già da molti mesi le due aziende discutevano di un progetto industriale allo scopo di mettere in comune attività vicine e complementari nei campi della produzione, del trasporto e della distribuzione energetica. Tuttavia non c’è dubbio che le cose siano state accelerate per contrastare l’intenzione manifestata da Enel di lanciare l’offerta di acquisto su Suez. Si sarebbe trattato di un’OPA ostile, ciò che significa che l’offerta di acquisto non era gradita al consiglio di amministrazione né agli azionisti di riferimento della società oggetto della offerta.

Questa questione della “offerta ostile” è curiosa. Mette in gioco punti di vista multiformi, contrastanti e non sempre ispirati al generale interesse. Nell’OPA non ostile il presidente della società oggetto di offerta viene avvicinato dal presidente della società offerente e i due personaggi hanno un riservato colloquio dove l’offerente illustra un piano industriale concepito per il dopo acquisizione, piano che descrive gli sviluppi della impresa e certo anche, con apprezzabili dettagli, un progetto di posizione e impegno del presidente e dei consiglieri della società oggetto dell’offerta come pure illustra i vantaggi per gli azionisti di riferimento. Penso che sia una trattativa dai toni cordiali e suadenti, ma dalla sostanza determinata e anche dura, alla ricerca della massima soddisfazione dei personaggi in causa. E non è detto che tra i personaggi in gioco siano gli azionisti di minoranza. Trattativa che, se viene conclusa quale “non ostile”, finisce in reciproca simpatia con cordiali strette di mano. Se invece l’offerta è considerata “ostile”, cioè se non conviene agli amministratori o agli azionisti di controllo della società oggetto di offerta, questi mettono in atto, legittimamente, ogni possibile azione per contrastarla, e tra queste azioni rientra a buon diritto l’operazione di fusione annunciata fra Suez e GdF. Operazione che può anche comportare dei sacrifici, e infatti lo Stato francese vedrà, nella società risultante dalla fusione, sensibilmente ridotta la sua partecipazione.

Le azioni di contrasto di offerte ostili sono numerose, e codificate dall’esperienza del mondo degli affari. Nella enciclopedia Wikipedia in rete, alla voce “Tattiche contro le offerte ostili”, sono elencate quarantuno possibili azioni, tra le quali alcune dal nome immaginifico quali “Crown Jewel Defense”, “Goodbye Kiss”, “Killer Bees”, “Lobster Trap”, “Nancy Reagan Defense”, “Jonestown Defense”, “Porcupine Defense”, “Pension Parachute”, “Shark Repellent”, “White Knight”. Sostanzialmente sono tutte tattiche intese a rendere meno interessante, o più onerosa, la proposta di acquisto per l’offerente, fino a giungere, nella Jonestown Defense (il nome si riferisce al massacro di Jonestown in Guyana, dove nel 1978 la setta religiosa di Jim Jones si suicidò in massa), a compromettere l’esistenza stessa della società oggetto di offerta.

In questo contesto, la fusione progettata fra GdF e Suez appare costruttiva e strategicamente giustificata. Non c’è dubbio che il governo francese senta molto la spinta nazionalista e meno quella europeista, e tenda a mantenere sotto controllo francese industrie ritenute strategiche. Se in tutta questa faccenda si può esprimere qualche rammarico è invece che in Italia non si sia espressa in modo adeguato una coerente ed efficace politica di sviluppo delle attività strategiche quali ad esempio quelle dell’energia, dei trasporti e delle comunicazioni. E, quando ci troviamo ostacolati, non usciamo poi nelle esclamazioni del Tecoppa!

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Pubblicato il 04 Marzo 2006
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