Il padre del noir italiano venne dalla Russia

Vladimir Giorgio Scerbanenko decise di cambiare il suo nome per sentirsi meno straniero in Italia, ma il modo migliore che seppe trovare per essere Italiano a tutti gli effetti fu quello di scrivere

"Sono nato in Russia. Mio padre era russo, mia madre romana. A sei mesi di età mia madre mi riportò in Italia e qui crebbi, e la mia lingua madre fu l’italiano, e poi non ho più saputo altre lingue."

Vladimir Giorgio Scerbanenko decise di cambiare il suo nome in Giorgio Scerbanenco per sentirsi meno straniero in Italia, ma il modo migliore che seppe trovare per essere Italiano a tutti gli effetti fu quello di scrivere, per nostra fortuna.

All’inizio autore di romanzi rosa Scerbanenco scoprì nel 1964 di possedere una vena "noir" e, grazie anche all’intelligenza acutissima dell’amico Oreste Del Buono, divenne in breve tempo un vero caso letterario.

Una scrittura asciutta, a tratti perfino feroce nella sua essenzialità, unita ad una capacità di raccontare assai rara e ad una profonda capacità di lettura delle passioni umane, specie le più torbide ed inconfessabili, hanno fatto di Scerbanenco il vero padre del "noir" italiano. Ancora oggi sono moltissimi gli scrittori che, più o meno consapevolmente, si rifanno al suo modello, alcuni con successo altri meno.

E’ al medico investigatore Duca Lamberti che sono legate le pagine più significative dello scrittore Italo-Russo; un uomo che ha conosciuto la prigione e il disprezzo della buona società e che, grazie ad un temperamento fuori dal comune, riesce a riemergere ed a trovare di nuovo un senso per la propria esistenza.

Per la nostra fortuna di lettori questo senso Duca Lamberti lo trova scoperchiando i tombini più fetidi della città, anzi della Città per antonomasia: Milano.

I personaggi dei romanzi e dei racconti di Scerbanenco non hanno nulla di particolarmente poetico, sono anzi di una concretezza fin brutale, eppure da essi emerge con grande chiarezza la complessa struttura in chiaroscuro dell’animo umano.

Buoni che sanno essere crudi come belve feroci e cattivi che mostrano inattesi lati sentimentali; sono uomini e donne veri, normali ed addirittura banali che ad un tratto vediamo risucchiati in storie quasi sempre più grandi di loro, crude come solo la realtà quotidiana sa essere.

Ambientate nella Milano a cavallo tra gli anni ’60 e ’70 le storie di Scerbanenco non perdono un solo grammo di attualità se le rileggiamo quasi quaranta anni dopo. L’animo umano non cambia in così breve tempo, la grande città neppure, mutano magari gli sfondi ma le trame e la concretezza dei personaggi rimangono nitidissimi nei loro colori forti.

Per chi non lo conoscesse Vladimir Giorgio Scerbanenco saprà essere una sorpresa piacevole e, dopo averlo letto, sarà più semplice comprendere la storia della nostra letteratura Noir degli ultimi decenni.

Lasciamoci incuriosire da questo scrittore crudo e raffinato, in fondo fu anche un po’ varesino; lui infatti ci racconta, in modo piacevolemte arguto, di un suo soggiorno al Sanatorio di Cuasso al Monte, dove apprese dell’esistenza dello zabaione.
Giallo, lo zabaione, con venature di Noir.

Buona lettura a tutte/i

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Pubblicato il 28 Marzo 2006
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