La guerra di presidi e professori
Maurizio Tallone, dirigente del "Cairoli": «Possiamo solo fare in modo che spacciatori e studenti non si incontrino, ma è una sfida durissima»
«Controlliamo tutte le uscite e cerchiamo di fare in modo che i ragazzi non incontrino sconosciuti».
Presidi e professori hanno indossato gli abiti discreti dei genitori “pro tempore” da quando la droga, cocaina, non “fumo”, ha cominciato a girare tra i banchi. Il professor Maurizio Tallone, preside del liceo Classico “Cairoli”, non nasconde la preoccupazione. «La soglia di attenzione è altissima, ma sappiamo bene che può non bastare. Certo, se un ragazzo ha in classe comportamenti strani, è violento o eccitabile, ci preoccupiamo di capire che cosa gli stia succedendo, chiediamo la collaborazione della famiglia che a volte non c’è».
Non è facile accettare, o ammettere, che il proprio figlio “non è più quello di prima” nemmeno a casa e riconoscere che non tutti i problemi possono essere archiviati alla voce “adolescenza”. Allora i professori vanno avanti da soli, scavano con discrezione e se il caso avvertono le forze dell’ordine.
«Non possiamo e non vogliamo fare i poliziotti, non è il nostro compito – dice ancora il professor Tallone -, però possiamo creare le condizioni perché spacciatori e clienti non si incontrino. Per questo, ad esempio, abbiamo chiesto alla Provincia di aiutarci a “blindare” tutte le uscite del liceo e monitorare i muri esterni con vari sistemi di sorveglianza e abbiamo avuto incontri con i poliziotti di quartiere. Casi eclatanti in questi due anni non ne abbiamo avuti, ma in passato sì e non possiamo che restare vigili».
In prima linea, a fronteggiare il fenomeno, il preside, i professori e il personale non docente, il “mitico” bidello che vede e ascolta nei corridoi, un po’ complice un po’ “grillo parlante”.
«Il problema è davvero molto serio e delicato. Fin da quando sono arrivato ho cercato di dare un segnale forte agli studenti, voglio che sappiano che non siamo impreparati o sprovveduti, ma non ho la presunzione di pensare che la situazione è sotto controllo.
Io ho 1150 studenti e un edificio che è un gruviera:facciamo quello che possiamo». La sfida più grande è affidata ai ragazzi.
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