Verdone-Muccino, una sfida vinta
Il mio miglior nemico piace a pubblico e a parte della critica anche se Verdone poteva osare di più
Carlo Verdone è uno dei pochi artisti che sappia veramente cosa sia una commedia. E lo dimostra dopo ogni volta che gira un film: sa cogliere i difetti della gente (tanti), i pregi (pochi), ma soprattutto le paure, le fissazioni, i timori, i desideri. Carlo Verdone ha ormai una lunga carriera alle spalle e seppur Il mio miglior nemico non sia il suo film più riuscito, coglie appieno un’istantaneità sociale che pochi riescono a raggiungere. La storia è semplice: Achille, un uomo arrivato che gestisce un albergo solo perché ha sposato una ricca ereditiera, licenzia una cameriera sospettata di furto. Il figlio della donna, vedendo la madre distrutta per quanto accaduto, decide di vendicarsi rovinando la vita ad Achille. Peccato che il ragazzo si innamori proprio della figlia di Achille.
Una trama non troppo complicata per un film generazionale che sembra quasi un passaggio di consegne tra un maturo, e sempre più sicuro, Verdone, e un giovane e rampante Silvio Muccino, ormai uscito dall’ombra del fratello regista. I due attori si sono conosciuti sul set del film di Giovanni Veronesi, Manuale d’amore, successo della scorsa stagione. Da allora è iniziato un lungo progetto di scrittura, oltre 13 mesi, che ha portato alla stesura della storia di Il mio miglior nemico. Risultato: un film ben scritto e ben recitato (Muccino ha quasi eliminato del tutto la “zeppola”). Ma con poca anima: fa ridere e fa pensare, ma a tratti è scontato e le soluzioni narrative sono a volte fin troppo facili, tutto si risolve troppo in fretta, con troppa facilità. Certo non siamo di fronte a un dramma e la leggerezza utilizzata è tipica della commedia, ma Verdone sa fare di meglio, come accadde anni fa con il bellissimo Maledetto il giorno che ti ho incontrato.
Verdone esce comunque da un certo provincialismo. I suoi film precedenti erano tutti prodotti da Cecchi Gori, Il mio miglior nemico per la prima volta è prodotto da Aurelio De Laurentiis che sicuramente sta puntando molto più in alto, tanto che sarebbe sua intenzione anche esportare il film all’estero, come è successo per Manuale d’amore. Probabilmente per Verdone si tratta dell’inizio di una nuova carriera, sperando non si perda, come in passato, in un eccesso di analisi sociale (C’era un cinese in coma) che lo distacchi troppo dalla realtà.
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