In gioco valori o aspetti tecnici

Il dibattito sul referendum di Liberamente politica con Giorgetti, Valentini e Adamoli. Contestazione del gruppo indipendentista legato a Max Ferrari

Un no "da riformatore aperto alla necessità del cambiamento, e non da immobilista o conservatore". Questo il parere di Giuseppe Adamoli, consigliere regionale della Margherita, in merito al prossimo referendum costituzionale del 25-26 luglio. Adamoli mercoledì sera era a dibattito presso i Molini Marzoli di Busto Arsizio con Giancarlo Giorgetti, segretario nazionale della Lega Nord. L’incontro era organizzato da Liberamente Politica, e introdotto dal suo presidente Giuseppe Gibilisco; a fare da sponda ai due contendenti Paolo Valentini, presidente della Commissione Affari istituzionali del Consiglio regionale lombardo, e la professoressa Lorenza Violini, docente di Diritto Costituzionale alla Statale di Milano. Quest’ultima, vera sorpresa della serata, ha smentito il luogo comune secondo cui tutti i costituzionalisti sono contro la riforma. Nella sua disamina ha messo in luce fra l’altro l’aspetto della contestualità dell’elezione dei consigli regionali e del Senato "federale" previsto nel testo voluto dal centrodestra, definendo inoltre la riforma uno "slancio radicalmente innovativo" parzialmente menomato da "alcune cadute di stile". La docente ha infine preso posizione dichiarando che con una vittoria del "no" si bloccherebbe il processo riformatore – argomento principe usato dal centrodestra per sostenere le proprie tesi."Non ci sono in palio valori trascendentali, ma aspetti tecnici delle istituzioni" minimizza Violini; ovviamente non è di questo parere chi voterà per il no.

E non lo è Adamoli, che pure tiene a distinguere, nel dibattito, la sua posizione da quella di chi è semplicemente contrario ad ogni e qualsiasi riforma costituzionale. "Le istituzioni vanno aggiornate, e la prossima riforma deve prescindere da ogni interesse di parte. Se poi essa si debba fare in futuro tramite Assemblea Costituente eletta dai cittadini, o come preferirei con una Convenzione espressa da Parlamento e Regioni, è da vedere: ma il punto centrale è che ora va fatta tabula rasa della riforma voluta dal centrodestra, se si vuoe poter ricostruire su basi solide". Adamoli ha smontato uno per uno i pilastri della riforma costituzionale targata CdL, dal premierato forte al bicameralismo "non più perfetto, ma perfettamente conflittuale" ("Il Senato ‘federale’? Una burla") e alla devolution – "si è esagerato nel dire che ci saranno 20 sanità, 20 scuole eccetera: cambia ben poco rispetto a quando già accaduto dopo la riforma del 2001".

Giorgetti, pur riconoscendo le carenze della riforma – i prevedibili conflitti di competenze a non finire fra la Camera e il Senato "federale", ad esempio – pone il problema politico: che fare se vince il "no", ma il Nord e la Lombardia votano massicciamente sì, un po’ come alle politiche e alle amministrative? "Non si potrà far finta di niente, si rischia la paralisi di ogni riforma, perchè questo governo non ha la minima determinazione nel perseguirla. Solo con la vittoria del sì si porranno le basi di una discussione, e di una eventuale ulteriore modifica del testo costituzionale – e la modernizzazione delle istituzioni pubbliche è più che mai necessaria".

A latere dell’incontro vi è stata la contestazione del Fronte Indipendentista Padano. Capeggiati da Max Ferrari, un gruppo di giovani hanno distribuito volantini in cui si parla della riforma della Costituzione varata dal centrodestra come di una truffa, soprattutto ai danni degli elettori di parte leghista: contestati in particolare il vincolo dell’interesse nazionale introdotto su pressione di AN, la ricentralizzazione di varie funzioni pubbliche, la probizione di costituire macroregioni, il premierato forte e l’istituzione di Roma Capitale con poteri (e fondi) simili a quelli delle regioni a statuto speciale.

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Pubblicato il 22 Giugno 2006
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