Tony Bulgheroni, dalla palla a spicchi a quella ovale
L'ex playmaker della Cagiva è il nuovo presidente del Rugby Varese
Reggere la nuova carica, per lui, non sarà un problema: in passato ha già gestito la massima poltrona della Pallacanestro Varese, da ieri (14 giugno) Gianantonio "Tony" Bulgheroni è il nuovo numero uno del Rugby Varese. «Non avrò le pressioni di quando ero alla guida dei Roosters, e nemmeno le voglio avere!» ride Tony, eletto con decisione pressoché unanime per succedere ad Angelo Bonalumi.
Lei aveva dato la disponibilità per diventare presidente: soddisfatto dell’esito della votazione?
«Molto: sono davvero contento. Mi sono avvicinato al rugby tre anni fa per amicizia, ma da quel momento è nata una vera, grande passione. Quando inizi a giocare, quando capisci come funziona il mondo della palla ovale, ti innamori di questo sport, non ne puoi fare a meno».
Tra le speranze della vostra società c’è quella di costruire uno stadio proprio. Questa, nel suo mandato, sarà una priorità o una bella idea da coltivare?
«Quello di un campo nostro al 100% è un sogno di tutto il Rugby Varese, da accarezzare e da tener sempre presente. La priorità però è un’altra: quella di continuare a far crescere il settore giovanile: il vivaio è ancor più importante della prima squadra che mi auguro resti in serie B, senza farne però una malattia. La cosa fondamentale è che i ragazzi si avvicinino sempre di più al nostro sport che grazie al Sei Nazioni e all’interesse dei mass media sta davvero facendo passi da gigante».
L’anno scorso il Franco Ossola ospitò un incontro tra le nazionali under 18 di Italia e Irlanda che ebbe un grande successo: rivedremo gare simili in futuro?
«Nei programmi della nostra società c’è certamente l’intenzione di organizzare amichevoli o partite di richiamo che servano a propagandare il rugby, come avvenne in quel caso. L’ostacolo, per le piccole società, è quello economico: la Federazione non sovvenziona l’organizzazione quindi sta a noi coprire tutti i costi che comprendono l’ospitalità delle squadre e così via. Ma, ripeto, ci penseremo».
Il nuovo incarico la costringerà a smettere di giocare, o la rivedremo ancora in campo?
«Per ora non smetto: diciamo che dò la mia disponibilità a giocare. Poi vediamo quello che riuscirò a combinare».
Vicino a noi opera la Liuc, che vanta un’interessante tradizione rugbistica. Avete intenzione di stringere collaborazioni con loro?
«Con la Liuc i rapporti ci sono già e sono anche buoni: sono state fatte amichevoli e allenamenti in comune. Il problema è che Castellanza si trova molto più vicina ad altre realtà rispetto alla nostra, come Tradate, Parabiago, Rho e altre ancora. Per questo c’è qualche difficoltà a "legarsi" in modo più stretto».
Per concludere, come ha commentato suo padre, presidente storico di Pallacanestro Varese, la sua elezione a numero uno del rugby?
«Non mi ha detto niente di particolare, ma è contento anche lui da bravo uomo di sport. Di certo non ha preclusioni verso altre discipline: sappiamo tutti dell’importanza di ampliare l’offerta sportiva in città. Non è un problema se l’ambito in cui ora opero è differente rispetto a quello storico in cui è si è impegnata la mia famiglia».
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