Andrea Zanzotto: «Provo orrore per lo sterminio dei campi»

Dino Azzalin raccoglie la provocazione del grande poeta italiano sullo scempio della natura ad opera dell'uomo

«Una volta avevo orrore dei campi di sterminio, oggi provo lo stesso orrore per lo sterminio dei campi» così Andrea Zanzotto, il più grande poeta italiano vivente, durante la celebrazione che il mondo della cultura italiana gli ha tributato per i suoi 85 anni a Pieve di Soligo e a Venezia, ha lanciato il suo sos per una natura che ogni giorno viene saccheggiata, stuprata, spremuta da una miriade di orrori ambientali a vantaggio di una speculazione edilizia dissennata in assoluto spregio dell’impatto ambientale. E, parafrasando Albert Einstein, ha aggiunto che soltanto due cose sono infinite: l’universo e la stupidità umana, e che non è ancora certissimo della prima. Si riferiva a una stupidità verace e cioè a quella che l’uomo, con il suo antropocentrismo, rivela quasi ogni giorno sfregiando una natura che, nonostante gli scempi, sopravvive.
(foto, da sinistra: Dino Azzalin e Andrea Zanzotto)

Un appello che noi come società civile, giornalisti, intellettuali, poeti, artisti, amministratori, dobbiamo raccogliere questo sos e farlo nostro, non in maniera donchisciottesca, ma da paladini razionali e convinti, se non altro per difendere quel che rimane del nostro territorio non ancora vampirizzato da laterizi, gru e cemento. Il nostro impegno nei confronti del grande vate è quello di lanciare un grido d’allarme dai luoghi in cui viviamo. E lo dobbiamo fare, non solo per i figli che mettiamo al mondo, che non hanno spazi verdi in cui giocare, o per gli anziani che, in una città assediata dal traffico e dall’inquinamento, non hanno dove andare, ma come impegno morale di uomini che hanno a cuore il futuro dei propri luoghi, perchè se ognuno di noi curasse il proprio giardino, nell’era gloable in cui viviamo, forse si proverebbe pensare a un mondo che non sia più quello che è, e sperare in un grande e immenso Eden. Facciamo un esempio: tra Varese e Gallarate sono stati costruiti più di cinquemila appartamenti attualmente, invenduti, sfitti.disabitati, e per tutto questo sono state ampliate stade, eretto ponti, forato montagne, distruttoi giardini, per una inutile necessità, o meglio utile solo a chi non vi abiterà mai. In un tessuto sociale dove gli spazi sono sempre più risicati si vuole fare perfino la Pedemontana con l’illusione di risolvere i problemi del traffico (avete mai visto una strada in più, che risolve tale problema se non quello di tasche forate e senza fondo ?) Ho orrore quando dicono che il fatturato annuo della Fiat è in aumento, questo vuol dire che lo scempio non è ancora finito, e dove le metteremo mai tutte queste macchine, che come infiltrazione d’acqua entra ounque persino nelle isole pedonali (venerdì e sabato sera andate in centro tra Corso Matteotti e le vie parallele e ve ne accorgerete).Senza contare il tributo di sangue che l’Italia versa ogni anno sull’altare dell’automobile: 9000 morti sulle strade soltanto nel 2005. Questo vuol dire, senza contare i feriti, che ogni dieci anni una città come Varese, sparisce dalla faccia della Terra: questo è l’olocausto della "modernità", la vera "dittatura". Ma demonizzare l’auto sarebbe troppo demagogico e banalizzante ma dobbiamo pensare che non abbiamo scampo e il dilemma non verrà risolto neppure quando nel 2009 arriveranno in italia anche le "automobili volanti". E le soluzioni non mancano, ma dobbiamo iniziare già dalla scuola perchè è li che si formano gli uomini di domani. Bisogna avere coscienza civica,e il coraggio di fare progetti seri per il futuro, facendo quel che fanno in molte nazioni del mondo, cambiando,anche imponendolo, un nuovo pensiero sull’uso dell’auto che non può più essere considerato lo "status simbol" dei nostri giorni. E tra le auto che ingolfano strade, stradine,stradette, stradoni, anche Varese, un tempo"Città Giardino", fa parte di quel villaggio globale che la rende provincia del mondo, dove c’è un continuo vomitar di ville, villini, schiere di orribili caseggiati, con giardini microscopici, claustrofobici, invivibili. Vogliamo il verde e il panorama sul lago, ma poi siamo i primi a distruggerlo per il nostro inesausto edonismo. E per case brutte e costosissime.

E quanti tumori, malattie polmonari, cardiovascolari, aumentate in maniera paurosa nella nostra provincia, dovute alla "mala-aria". Certo si ammala anche chi vive serenamente tra pinete, boschi, faggeti, laghi, ma sicuramente con una incidenza minore, e con una migliore qualità di vita.

E gli "eco-mostri" restano a dispetto di chi li ha costruiti, lasciando alle generazioni future un paesaggio saccheggiato dalla stupidità umana. Bisogna pensare in modo coraggioso e innovativo, ristrutturare e ricostruire là dove era già costruito, abbattere e rifare abitazioni dove già esistono, perchè salvare i campi le valli è un dovere di tutti. Esiste un altro paesaggio, quello dell’anima, da accudire e difendere, esattamente come quello descritto, che innalza il valore delle cose che costruiamo nella nostra vita. Ed essere i più ricchi del cimitero non ci consola, e i tesori accumulati in terra, sotto terra fan solo ruggine. E forse un giorno tra i capannoni abbandonati o dentro la vecchia caserma, fioriranno di nuovo la vitalba, la rosa canina, il tarassaco, o i topinambur.

Allora avremo capito che qualcuno ha raccolto l’appello del grande poeta Andrea Zanzotto.

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Pubblicato il 28 Dicembre 2006
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