Claudio Moroni: «Vi racconto come si vive in Palestina»

Il giovane psicologo, vittima di un rapimento lampo con il collega Gianmarco Onorato lo scorso 21 novembre a Gaza, parla della sua esperienza in Terrasanta

Palestina: una terra, mille problemi. Un Paese senza pace, un popolo che vive stretto fra occupazione israeliana, fanatismo terrorista, povertà e guerra civile strisciante, ma nondimeno “tiene duro”. Appena tornato dopo il rapimento-lampo che aveva imposto il suo nome, per una frenetica giornata all’attenzione dei media di tutta Italia, il 36enne bustocco (ma residente a Cardano) Claudio Moroni (nella foto) ha trovato subito il modo di raccontare la sua esperienza come volontario in supporto alla Croce Rossa. L’occasione è stata fornita da una cerimonia organizzata per festeggiare il suo rientro dall’associazione Delfini Birichini, che Moroni presiede e che si occupa del disagio psichico.

Moroni, psicologo, aveva il compito di svolgere uno scambio di esperienze e modalità d’intervento con i colleghi palestinesi; supporto psicologico, supervisione tecnica, coaching, tutte attività rese più difficili dalle barriere linguistiche con la popolazione, soprattutto i più piccoli. Dalla sua base di Gerusalemme Moroni ha avuto modo di visitare i territori occupati e quelli sotto l’autorità nazionale palestinese. Hebron, soprattutto, era uno dei centri più battuti, ma anche Ramallah e, da ultimo, per brevissimo tempo, Gaza. Fra i problemi, i check-point dell’esercito israeliano: abbastanza facile entrare da Israele nella West Bank occupata, ma difficile uscirne: e bisognava farlo comunque prima che calasse il buio.

«Mi ci è voluto un bel po’ per adattarmi alla vita della West Bank» ammette Moroni, «per tacere poi di quel che avrei trovato a Gaza». Che società ha trovato il nostro testimone? «I palestinesi vivono di associazionismo, una realtà che riesce ad intercettare fondi internazionali e a mantenere una certa coesione sociale, nonostante tutto. È gente dotata, devo dirlo, di una notevole "resilienza", (termine usato in psicologia per indicare una forte resistenza a forze di rottura, ndr) sono capaci di sopportare ciò che a noi appare insopportabile, anche se è chiaro che la situazione del tutto anormale in cui vivono – l’impossibilità di spostarsi liberamente, bombardamenti, sparatorie, e così via – lascia profonde tracce nella psiche. Stupisce davvero la forza dei palestinesi, la loro capacità di vivere nel quotidiano in una situazione che non offre un futuro, in cui non si intravvedono spiragli, ma solo il muro che gli viene costruito intorno».

Nel piccolo mondo palestinese, alcune realtà sono più caratterizzate di altre. Hebron ad esempio è considerata una città particolarmente conservatrice, dove ancora la donna che non gira indossando il tradizionale velo è guardata con aperto sospetto, «ma anche lì si fa strada la consapevolezza di problemi nuovi, non ancora considerati nel loro contesto, come può essere l’abuso di stupefacenti». La sua esperienza, ammette Moroni, è stata tutto sommato parziale, avendo incontrato perlopiù colleghi, ma qualche spunto del “sentire diffuso” non è mancato. «Sospetti verso gli occidentali?» risponde Moroni a una nostra domanda. «La popolazione coglie la posizione dell’Occidente come una forma di doppiezza: “prima ci dicono fatevi le elezioni democratiche e vinca il migliore, poi vince Hamas e apriti cielo”».

Proprio il blocco degli aiuti dopo la vittoria, sgradita, del gruppo responsabile nel recente passato di ripetuti e gravi attacchi terroristici contro i civili di Israele, ma popolarissimo in patria per la fitta rete di assistenza e solidarietà, ha sprofondato la Palestina ancor più nella povertà. «È gente che ha voglia di dire la sua, comunque. Persino uno dei mediatori coinvolti nel nostro sequestro ci diceva "Fate sapere come si vive a Gaza" nel suo cattivo inglese, mentre eravamo prigionieri in un appartamento».

Il rapimento di Claudio Moroni e del collega Gianmarco Onorato avvenne lo scorso 21 novembre, nel primo pomeriggio, concludendosi poche ore dopo con la loro liberazione grazie ad una rapida trattativa fra rapitori, autorità e servizi segreti italiani. «Mentre ci recavamo a Gaza, fummo affiancati da una Mercedes gialla che ci tagliò la strada; ne uscirono uomini armati che ci fecero scendere ci caricarono sul loro mezzo». Paura? «Da subito i rapitori avevano cercato di farci intendere che non ci avrebbero uccisi. Poi, quando ci hanno portato nella nostra ultima prigione, una casa vicino alla spiaggia con due sedie in un locale, come per filmare un video, e hanno tirato fuori di nuovo le armi, be’, un brivido c’è stato…» Parlando con il mediatore in pessimo inglese, i due rapiti si sono sentiti raccontare gli anni di galera in Israele fatti da chi li aveva presi prigionieri (chi quattro, chi cinque anni: «Vedete, ora siamo solo in una prigione più grande» gli hanno detto, riferendosi a Gaza), e sono riusciti a capire che il motivo del rapimento era la richiesta, udite udite, di posti di lavoro. Sì, perché in Palestina lavoro vuol dire moneta sonante, vita e potere: chi ha un lavoro è fortunato, chi può darlo una persona di rispetto che avrà altri, armati («A Gaza tutti sono armati»: così Moroni), al proprio riconoscente servizio. Con la fine degli aiuti occidentali dopo la vittoria elettorale di Hamas, molti membri dei servizi di sicurezza sono rimasti senza paga e senza lavoro (anche gli insegnanti sono senza paga, e scioperano). Da qui tutta una serie di rapimenti.

«A Gaza si conoscono tutti» spiega Moroni. Quindi la trattativa non è stata difficile: in capo a poche ore si sapeva già chi aveva fatto che cosa, là dove si doveva saperlo. Dopo una breve, caotica trattativa, Claudio Moroni e Gianmarco Onorato sono stati liberati, incontrando un’agente donna dei servizi segreti italiani. Dopo il debriefing di rito, Moroni ha voluto rimanere sul posto e completare la sua missione, tornando a Hebron – e mentre raccontava la sua Palestina, su uno schermo a lato sfilavano immagini suggestive di bambini, donne, giovani: volti sorridenti, nonostante tutto.

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Pubblicato il 20 Dicembre 2006
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