Mister iPod si schiera: liberiamo la musica
Dopo le aspre critiche da parte delle associazioni dei consumatori, Apple apre una porta alla musica sprotetta. Una dichiarazione importante che porta fermento nella Rete
Musica e internet: un matrimonio che potrebbe portare a grandi progressi in entrambi i campi, ma che evidentemente è partito con il piede sbagliato. Poche settimane fa parlavamo di una sentenza della Cassazione che, pur non avendo reso legale lo scambio di musica su internet, sembra aver cambiato significativamente il quadro legale intorno a questo tema.
Ma su internet non esiste solo lo scambio gratuito di musica. Esiste infatti la possibilità di acquistare, legalmente, il download di canzoni ad un prezzo di circa 1 euro per brano. Sono così sorti anche in Italia diversi store digitali.
Il download digitale è decisamente più economico dell’acquisto di un cd, è facile, veloce e legale. Tutto perfetto? Affatto. Come molti movimenti per i consumatori sanno, questi brani sono “bloccati” da un software chiamato DRM. Questo software permette di ascoltare i nostri brani solo su lettori compatibili, e di nostra proprietà. Ogni azienda ha sviluppato DRM differenti: così accade che le canzoni acquistate su iTunes funzionano solo su iPod di Apple, quelle su Msn Music o Messaggerie Musicali solo su lettori Windows Media e così via.
Secondo molte organizzazioni europee questi DRM ostacolano le norme antitrust. I tribunali norvegesi hanno recentemente dichiarato illegale iTunes Store, sostenendo che questi vincoli software hanno lo scopo di spostare la posizione dominante di Apple nella vendita di brani online anche sulla vendita di lettori musicali. Una posizione simile è stata presa dal governo francese e proprio in questi giorni Altroconsumo ha presentato un esposto che chiede all’AGCOM di considerare illegale iTunes, proprio per l’uso di sistemi DRM non interoperabili.
Ieri sera, 6 febbraio, i fatti sono arrivati ad una svolta che potrebbe portare a un cambiamento repentino dei fatti. L’amministratore delegato di Apple, Steve Jobs, ha infatti pubblicato una lunga lettera pubblica, nella quale rivela la sua contrarietà ai sistemi DRM. L’azienda che più di ogni altra vende file con DRM dichiara questa tecnologia come inutile, illogica e controproducente. Questo perché li considera inutili, visto che per qualche milione di brano venduto in digitale in modo protetto, le major vendono miliardi di cd, completamente sprotetti.
Allora perché ha creato questi sistemi? Su richiesta delle case discografiche, dice Steve Jobs, che con atteggiamento miope credono che sia questo lo strumento più utile ad affrontare la pirateria. In realtà non è così ed, anzi, il mercato del download legale fiorirebbe più rigogliosamente senza DRM, perché si tratta di una tecnologia molto costosa e che costituisce una barriera all’entrata per molti nuovi concorrenti.
La notizia, apparsa da poche ore, sta facendo ora il giro di molti blog, tra commenti entusiasti e qualche dubbio. Mantellini e Destralab, per ora, si limitano a riprendere la lettera, rimandando a dopo ogni approfondimento. Altri blog, invece, si dichiarano già entusiasti di questa importante presa di posizione. All’estero, invece, c’è chi chiede ad Apple di passare dalle parole ai fatti, proponendo già alle etichette indipendenti di poter vendere la musica senza alcun lucchetto. Come segnala Giuseppe Granieri, secondo il New York Times almeno una delle quattro grandi major (Sony BMG, Universal, EMI e Warner) starebbe valutando la possibilità di abbandonare i DRM, come conferma anche Rob Glaser di Rhapsody (uno dei concorrenti più agguerriti di iTunes).
Vendere musica sprotetta è possibile: Yahoo! Music tempo fa lo sperimentò con brani di Jessica Simpson, Norah Jones e Jesse McCartney. Con ogni probabilità Apple ridiscuterà i patti con le quattro major per la vendita di musica in Europa entro il mese di marzo. Nel frattempo Steve Jobs chiede ai governi europei di far pressione sulle etichette discografiche, visto che la maggior parte di queste risiede nel Grande Continente. Ed il governo norvegese ha già risposto all’appello, riconoscendo una responsabilità delle major, e chiedendo comunque ad Apple di mettere in pratica, fin dove possibile, le sue buone intenzioni.
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