Senza pensieri, nel “Paese dei campanelli”
Sabato pomeriggio al Teatro di Varese è andata in scena la famosa operetta nel nuovo allestimento firmato da Corrado Abbati
Un’isoletta da favola, dove il cielo è sempre azzurro e gli abitanti trascorrono le loro allegre giornate alle prese con la pesca, il ricamo e i ritmi della terra: siamo nel Paese dei campanelli, il villaggio immaginato nel 1923 dalla penna di Carlo Lombardo e Virgilio Ranzato. Una tra le operette più amate dal pubblico italiano, Il Paese dei campanelli è ormai uno spettacolo "senza tempo": a conquistare il pubblico è da sempre la leggerezza del testo, che vuole divertire senza pretese, e l’orecchiabilità dei temi musicali. Raccontano le cronache dell’epoca che già all’indomani della prima rappresentazione molti brani dell’operetta venissero canticchiati da giovani ragazze a passeggio per Milano.
A dare un tocco di fascino in più all’operetta, il nuovo allestimento firmato da Corrado Abbati, che ieri pomeriggio l’ha portata in scena al Teatro di Varese. Dalla volontà di presentare uno spettacolo con una cornice lussuosa e di buon gusto è scaturita una grande attenzione per la scenografia, sfarzosa e coloratissima, dalle architetture minuziose ai contorni floreali che occhieggiano un po’ ovunque sul palco, e per i costumi, coloratissimi ed esotici.
La trama è semplice: il Paese dei campanelli deve il suo nome a una leggenda mai sfatata dai suoi abitanti, secondo cui quando una moglie tradisce il suo uomo il campanello della sua casa inizia a suonare e denuncia a tutti lo scandalo. Non c’è pericolo in un paese dove non succede mai niente, dove i consigli comunali si tengono all’aperto e le uniche stranezze sono quelle della civettuola Bonbon, finché un giorno approda una nave carica di giovani e prestanti marinai… Il gioco è fatto. Allo spettatore non resta che gustarsi le divertenti avventure di allegre comari e mariti cornuti, e le belle voci della Compagnia, sulle note di arie famose come Luna, tu, non sai dirmi perché? e Io vorrei che il mio sogno divin.
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