Commercio a impatto zero, ma non è un obbligo

Luci e ombre del nuovo piano triennale del commercio, nel dibttito organizzato da Uniascom a Malpensafiere

Parte dall’elenco degli assenti la cronaca dell’incontro organizzato a Malpensafiere da Uniascom per spiegare e dibattere nei dettagli il programma triennale di sviluppo del commercio 2006 – 2008 della Regione Lombardia. Le assenze in questione sono quelle dei rappresentanti dei comuni: dei 141 sparsi per la provincia, fatti salvi gli assessori al commercio di Varese e Gallarate e il sindaco di Busto Gigi Farioli nonchè una manciata di altri comuni più piccoli, non c’era nessuno.

«Mi fa proprio specie vedere così pochi amministratori locali e la loro assenza mi fa riflettere in modo negativo – si stupisce, corrucciato, l’assessore al commercio della provincia di Varese Bruno Specchiarelli, che come ha sottolineato il moderatore dell’incontro, il componente del direttivo sindacale Uniascom Antonio Besacchi è stato il primo in Italia a fare un piano di sviluppo del commercio a livello provinciale -. Mi dice molto di quanta poca attenzione ci sia stata nello sviluppo del territorio ad ogni approvazione di piano commerciale, oltre al mero bisogno di "fare cassetta" per le finanze del comune».

Quello di Specchiarelli è un duro atto d’accusa, applauditissimo dalla platea: e proprio per questo il sospetto è che le sue parole descrivano una situazione notata da tutti e da pochi denunciata.
Eppure, quello di cui si discuteva, presente il direttore generale dell’assessorato al Commercio della Regione Lombardia Danilo Maiocchi, cioè uno dei responsabili del testo,  era nientemeno che il futuro della pianificazione del commercio fino al 2008. Cioè, la seconda edizione del piano triennale del commercio lombardo, quella destinata a completare e aggiustare quel primo piano triennale che avrebbe dovuto bloccare i nuovi grandi centri commerciali lombardi – e perciò varesini – e che invece in molti, comuni e investitori privati, hanno cercato di bypassare.

Un piano regionale che ha degli slogan rubati agli ambientalisti più "à la page": come ad esempio i termini  "impatto zero", o "valutazione della sostenibilità". Ma che non impone niente, né nulla vieta: lasciando così alla buona volontà interpretativa dei singoli comuni il mettere in pratica le pur lodevoli intenzioni regionali.

«Il programma triennale del commercio segue la logica dell’impatto zero – spiega Danilo Maiocchi Così subiranno una valutazione negativa, anche se non totalmente impeditiva, gli interventi che prevedano nuovi oneri per il territorio. Inoltre, faranno parte della valutazione anche altri aspetti rispetto a quelli già valutati precedentemente: effetti sulla viabilità e sul territorio, ambito commerciale e altro. E tutto questo farà parte di una valutazione di compatibilità, che si concluderà con un punteggio che definisce il livello di impatto sul territorio e farà da base alla valutazione di sostenibilità. Inoltre, prima dell’approvazione, sarà richiesto il consenso di associazioni di categoria, consumatori e comuni circostanti sulla valutazione dell’impatto. E, senza la concertazione, la pratica non passa». Insomma, o si fa qualcosa che non pesa troppo sull’ambiente e che è condiviso dalla società o niente.

«Quella del consenso in effetti è una novità molto importante, come anche la previsione del commercio come servizio e non come settore produttivo – commenta Claudio Scillieri, architetto urbanista, nel suo intervento – ma non è meno importante la previsione per cui le modificazioni riguardo ai luoghi commerciali (spostamenti e accorpamenti, principalmente) saranno possibili non più solo in ambito comunale, ma su tutto il territorio provinciale. La chiamano razionalizzazione, ma la possibile conseguenza di una scelta del genere è la creazione di centri commerciali molto più grandi, sommando licenze e autorizzazioni di paesi sparsi per tutta la provincia».

Insomma, capire se questo piano triennale è una manna o una disgrazia non è per niente semplice, nemmeno con l’aiuto degli altri relatori Antonio Chierichetti, docente di diritto amministrativo al Politecnico di Milano e Claudio Giannettoni, esperto di strategia commerciale.

E bene ha fatto Uniascom a provare ad uscire dalle nebbie: che al momento, però, sembrano ancora molto fitte. Così, nel frattempo vale la pena di segnarsi cosa prevede il piano triennale in relazione all’ambito montano e lacustre (per noi, quindi, la zona che va dal lago Maggiore fino a lambire il Sempione): "Nessuna previsione di apertura di grandi strutture di vendita, realizzate anche mediante l’utilizzo di superfici di vendita esistenti” e “disincentivo delle medie strutture di vendita”. A tirare le somme poi, della effettiva realizzazione da parte dei comuni delle prescrizioni regionali saranno sicuramente le associazioni di categoria: Uniascom in testa.

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Pubblicato il 23 Aprile 2007
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