Eppur si muove. Piccola impresa, ideali e innovazione secondo Raffaello Vignali

Per il presidente nazionale della Compagnia delle Opere le piccole imprese italiane sono le maggiori produttrici di innovazioni d'Europa

"Eppur si muove: innovazione e piccola impresa": questo il titolo beneaugurante scelto da Raffaello Vignali ( adestra nella foto), presidente nazionale della Compagnia delle Opere, per il suo più recente libro. Forse Galileo, che pronunciò il suo "Eppur si muove" in ben altre circostanze (ma ormai la Chiesa l’ha perdonato, dopo appena quattro secoletti scarsi) chiederebbe il copyright per il titolo di questo libro, che invita i piccoli imprenditori a guardare il mondo e guardarsi dentro per riscoprire la capacità del fare, e quindi dell’innovare. Vignali è stato ospite giovedì sera della Fondazione San Giacomo, nell’ambito del ciclo d’incontri "Passione educativa", di fronte ad un folto pubblico. Il suo, più che un intervento di carattere economicistico, è stato un richiamo alle ragioni ideali dell’imprenditoria. Il nome di Carlo Marx non viene mai citato, ma laddove il filosofo tedesco arguiva che l’universo mondo si regge sulle ferree leggi dell’economia, Vignali sottolinea viceversa gli aspetti interiori e profondi dell’azione economica dell’impresa: un rovello, un’insoddisfazione perenne, quel «non stare mai tranquilli» che don Giussani, "santo patrono" della CdO, augurava benevolmente ai suoi discepoli in quanto foriero di attivismo.

«Innovazione e ragione hanno uno stretto legame con l’educazione, tema di questi incontri e prima vera emergenza del Paese» sostiene Vignali. «L’innovare non è un mero fatto tecnologico, ma l’atto di una persona, di un uomo in un tessuto di relazioni, di un uomo "educato", ossia che ha trovato un maestro che insegni a guardare alla "realtà totale", come diceva don Giussani (ormai citato a braccio come negli anni Settanta si citava Mao o Lenin, ndr). Perchè doti come creatività, capacità di rischiare, passione, responsabilità, non si insegnano a scuola, a meno di trovare insegnanti davvero validi, e di avere alle spalle genitori che hanno fatto dell’educazione dei figli la priorità». Seembra il ritratto ideale del piccolo imprenditore. Ma c’è speranza per i "piccoli"? chiediamo. «Di più: c’è realtà. Dati recenti ci dicono che le imprese italiane sono largamente in testa a quelle di tutto il resto d’Europa per quantità di nuovi prodotti messi sul mercato – è un fatto, non un’opinione. Innovano, solo in modo informale, all’interno dell’azienda, senza sostegno adeguato in campo fiscale, e soprattutto senza contatti con il mondo della ricerca, che invece dovrebbero essere stretti. Esiste una capacità di innovare che va sfruttata appieno». Con qualche ricerca in Google sulle parole chiave "Italia" e "innovazione" emergono però sonore euro-bocciature al sistema Paese: o è tutta invidia, o è proprio vero che anche le statistiche sono armi spuntate per leggere la realtà.

Vignali perservera nell’ottimismo, ed è giusto che sia così nel suo ruolo. Di fronte all’uditorio, il presidente della Compagnia delle Opere richiama il valore dell’educazione, fustigando «la generazione del ’68» che lo rigettò, e attribuendole le debolezze della gioventù odierna, «forte di valori deboli» perchè priva di guida. E anche il valore delle istituzioni religiose come matrici di progresso non sfugge all’analisi di Vignali: si va dal retroterra cattolico dell’imprenditoria lombarda alle ingegnose invenzioni dei monaci benedettini – l’orologio meccanico, l’aratro col versoio, i ferri da cavallo – «inventati non per fini economici, ma per risparmiare tempo e poter pregare in libertà» sostiene il presidente della CdO. Fino al punto che ancora oggi, «l’imprenditore spesso non si rende conto di essere spinto da una tensione ideale, perchè il profitto per il profitto richiede altri metodi, non prevede rischio, nè passione, nè impegno».

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Pubblicato il 13 Aprile 2007
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