Fondazione Blini, c’è chi dice no

Angioletto Castiglioni, partigiano ed ex deportato, rifiuta la direzione culturale dell'ente; fra i partiti dell'Unione i pareri sono discordi

La vicenda della Fondazione Blini ha assunto per molti tinte grottesche. Mercoledì sera in consiglio comunale il sindaco elencava una serie di nomine già fatte; mancavano solo quelle del consiglio d’amministrazione. I giorni precedenti avevano visto frenetiche consultazioni; altri nomi avrebbero dovuto essere inseriti fra le cariche della Fondazione. La presidenza del comitato culturale era stata offerta nientemeno che ad Angioletto Castiglioni, nobile figura di testimone dell’orrore nazista (partigiano, fu torturato e conobbe il lager in Germania); ma l’interessato ha declinato. «Non voglio far polemiche e non voglio scatenarne con la mia figura, non dopo aver visto sterminare milioni di persone. Non dirò di più» spiegava fermissimo alla stampa. «Non mi piace però che si carichino certi pesi sulle spalle altrui». 

A sinistra più d’uno è convinto che la neutralità bipartisan della Fondazione sia smentita alla radice dall’intitolazione a Giovanni Blini, sulla quale Marco Reguzzoni si è peraltro mostrato irremovibile. Sulle tendenze politiche di Comunità Giovanile, inevitabile asse portante delle attività della Fondazione dato il suo riconosciuto attivismo, si sono già dette peste e corna negli ultimi giorni dall’estremità opposta dello spettro politico. Se si aggiunge che proprio lo stabile di Piazza Trento e Trieste fu luogo di tortura e terrore nazifascista durante la guerra, la presenza di un Angioletto Castiglioni sarebbe apparsa a più d’uno una foglia di fico, ruolo che l’interessato non aveva intenzione di svolgere.

L’impegno della Provincia nella Fondazione è per una libera espressione giovanile, rimarcava il sindaco Farioli, «per un sano protagonismo dei giovani, antidoto a relativismo e nichilismo». Se il "relativismo" è il "Grande satana" dei nostri tempi, bollato dal Papa e dunque dagli "atei devoti", la sinistra laica ne è portatrice sana e orgogliosa; messa in questi termini, la "bipartisanità" dell’operazione diventa quantomeno dubbia. E mentre la situazione si fa quantomai confusa, la sensazione di una partita giocata molto al di sopra delle spalle del consiglio comunale è fortissima.

Accadono infatti cose strane. A destra non tutti hanno gradito il metodo delle nomine piovute dal cielo. Accade poi che l’Ulivo, che si era astenuto a Busto sulla convenzione di cui la Fondazione è parte integrante e aveva più semplicemente votato contro in Provincia, possa ora vedere propri uomini sulle poltrone del nuovo ente. C’è infatti chi conferma contatti e proposte, ricevuti tramite le strutture provinciali dei partiti. C’è poi chi viene a sapere queste cose a tozzi e bocconi, come Mariella Pecchini (Ulivo), e non la prende benissimo: «Ma che modo è di procedere? Già i nomi letti ieri sera dal sindaco sono stati un fulmine a ciel sereno. Che senso aveva rinviare poi il voto sulla delibera relativa allo Statuto della Fondazione, se non era emendabile? E perchè tanta fretta, sotto elezioni, di dare vita a un ente che comincierà a funzionare solo fra tre anni?» Tante sono le domande di Pecchini, contrariata anche dal coinvolgimento dell’Ulivo in modo così irrituale: «a questo punto chiederò una riunione del gruppo consiliare per chiarirci le idee».

Accade infine che chi, come Rifondazione, aveva votato tra le critiche a favore della Fondazione, dichiara invece di aver rifiutato l’offerta di un posto nel CdA, come riferisce di aver fatto Antonello Corrado. In altre parole, i dubbiosi di ieri diventano i partecipanti di oggi, e i "volenterosi" di ieri si attengono oggi alla politica delle "mani nette". Anche questa è politica.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 19 Aprile 2007
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