La libertà non è scontata

Le riflessioni sul significato di una giornata che ha ancora tanto da insegnare

Oggi siamo qui per commemorare un giorno sì importante,ma anche lontano nel tempo, soprattutto per noi nati molti anni dopo questi avvenimenti. Perché, dunque, ricordare un episodio avvenuto così tanti anni fa?
Fin da piccoli io e mia sorella abbiamo partecipato a manifestazione del 25 aprile a Varese, quando c’era ancora Claudio Macchi, ritenendola sempre un appuntamento determinante nel corso dell’anno. La nostra  famiglia ci ha sempre insegnato quei valori che furono alla base della scelta di persone che ritenevano la libertà un bene supremo.
Il 25 aprile rappresenta innanzi tutto la fine della guerra, una guerra che ha distrutto l’Italia lasciando la popolazione nel dolore per i tanti morti e nella miseria. Ma il 25 aprile rappresenta soprattutto la riconquistata libertà di cui ancor oggi, fortunatamente, godiamo.
L’Italia aveva vissuto più di vent’anni di dittatura, durante la quale furono perpetrate dure e inumane oppressioni, sino all’infamia delle leggi razziali e delle conseguenti deportazioni nei campi di sterminio di migliaia di cittadini italiani di religione ebraica.
Non tutti hanno abbassato la testa obbedendo: alcune persone hanno ritenuto di doversi impegnare per opporsi e combattere mettendo in gioco la loro stessa vita, per la libertà, ormai sepolta da anni di guerra.
La libertà… una parola così semplice da dire, ma così difficile da mantenere e da riconquistare.
Dopo anni di orrori non se ne conosceva più nemmeno il significato, come appartenesse ad una lingua straniera.
A Varese non sono mancate coraggiose iniziative individuali per aiutare e salvare tante persone, antifascisti ed ebrei quali quelle di Don Rimoldi e del funzionario del Comune Calogero Marrone che per questo ha lasciato la vita nel campo di concentramento di Dachau.
Valle Olona e San Fermo sono state zone in cui da sempre vi fu un’opposizione consistente al fascismo e qui la Resistenza si sviluppò con nuclei partigiani radicati e sorretti dalla popolazione. Il gruppo di azione partigiana formatosi a S. Fermo assunse il nome di 148^ Brigata Matteotti ed a capo vi era il fratello di nostro nonno, nostro zio Renè.
Un unico obbiettivo animava le loro azioni: riconquistare l’amata libertà ormai sepolta sotto anni di dittatura, terrore e miseria. E il solo raggiungimento di questo obbiettivo bastò, nella giornata della Liberazione, per colmare di gioia l’animo di coloro che per anni l’avevano cercata ed attesa, perdendo anche i figli, come accadde al nostro bisnonno Costante, che, benché si vide strappare alla vita due dei suoi quattro figli, Luigi ucciso dalla guerra, e Renè, ucciso dal fuoco fascista, non volle mai compiere vendetta.
Ed è per questo che Costante, il 25 aprile 1945,dopo aver catturato un gruppo di giovani fascisti asserragliati nella caserma Ettore Muti, li accompagnò sotto la minaccia delle armi al ponte della ferrovia di Induno Olona (il ponte rotto) e rivolgendo loro solo un triste “andii a ca’, fieu, l’è finida” non esitò a liberarli.
Non vi era posto per la vendetta nel suo cuore. Aveva raggiunto ciò per cui aveva deciso di combattere. La scelta di quel giorno  era la cosa di cui più andava orgoglioso.
Purtroppo sappiamo che non sempre è andata così, gli orrori della guerra hanno avuto strascichi di dolore, di assassini, di vendette, di pulizie etniche quali quella subita dagli italiani di Venezia Giulia, Istria e Dalmazia.
Cosa ci ha insegnato questo giorno?
Ci ha insegnato che la libertà è un bene talmente prezioso che non si può rischiare di perdere, considerandola ormai un realtà scontata, una caratteristica del quotidiano, perché è così facile da perdere che può sfuggirci senza che ce ne accorgiamo.
Compito nostro è ricordarlo, al fine anche di conservare e allevare con amore e passione questa nostra libertà nel miglior modo che ci è possibile.


Redazione VareseNews
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Pubblicato il 25 Aprile 2007
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