Rosanna Scopelliti: «Ho raccolto il testimone di mio padre»

La figlia del magistrato ucciso da cosa nostra nel '91 ha partecipato all'assemblea del liceo luinese: «Continuo in questo viaggio per l'Italia e sono fiera del cognome che porto»

Rosanna Scopelliti (a destra nella foto) nasconde dietro i suoi lineamenti dolci la rabbia di chi vive in Calabria e ha un forte bisogno di giustizia. La sua sete, la sua fame, la sua voglia di cambiare le cose nei comportamenti della gente della sua terra e non solo sono il suo pane, la sua acqua e il suo motivo principale di vita. Quando la ‘ndrangheta gli portò via il papà, Antonino Scopelliti, lei era piccola ma non abbastanza da non ricordare l’affetto che gli aveva dato fino a sette anni, prima di finire crivellato di colpi di pistola giù da un ponte da chi lo voleva morto perchè dava fastidio con i suoi maxi-processi in qualità di numero uno dei sostituti procuratori presso la Corte di Cassazione. Quando fu ucciso stava preparando, in sede di legittimità, il rigetto dei ricorsi per Cassazione avanzati dalle difese dei più pericolosi esponenti mafiosi condannati nel primo maxi-processo a Cosa Nostra . Suo padre era un magistrato in prima linea;  fu ucciso mentre era in vacanza a Campo Calabro il 9 agosto 1991, ma pochi se lo ricordano e di strade col suo nome non se ne vedono.

A spiegare il vuoto attorno a questo nome è proprio Rosanna: «Sono convinta che dietro la morte di mio padre ci siano una serie di connivenze che vanno oltre la mafia – spiega Rosanna – e la conferma è che i mandanti dell’omicidio siano stati assolti in cassazione. Pietro Aglieri è stato prosciolto nel ’99 e ora è in carcere per mille reati tranne che per l’uccisione di mio padre». Rosanna prova un forte rancore per questo è sente che il silenzio che è calato subito dopo la morte di suo padre sia voluto e orchestrato. Ma lei non ci stà e lotta contro i poteri forti che ancora oggi resistono: «La prova è la reintegrazione del giudice Carnevale – accusa Rosanna – un uomo che ha fatto del male alla giustizia italiana gettando fango sul lavoro di grandi uomini come Falcone, Borsellino e mio padre. Dall’8 marzo, ma questo in pochi lo sanno, è tornato a fare il suo "lavoro". Questo è assurdo».
Il giudice Corrado Carnevale è stato accusato, condannato in primo grado e poi assolto nel 2002 (per mancanza di prove) dall’accusa di aver pilotato alcuni processi di mafia al fine di assolvere gli imputati.

Allora tocca a lei, che studia lettere, raccogliere il testimone lasciato dal padre per portarlo nelle scuole perchè non ci siano più mani da armare: «Continuo in questo viaggio per l’Italia e sono fiera del cognome che porto – conclude Rosanna – con la forza che mi ha dato mio padre e con la potenza di noi ragazzi della Calabria onesta combattiamo ogni giorno contro ogni illegalità».
È questa la lotta quotidiana di Rosanna per mantenere viva la memoria del padre.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 26 Aprile 2007
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