Venticinque aprile, le parole e i fatti
Il Comune lancia l'"anagrafe della memoria"; i giovani antifascisti protestano con uno striscione per la vicenda della Fondazione Blini
Un 25 aprile senza troppe fanfare quello bustese. La città non dimentica il ruolo di apripista della Liberazione ricoperto nel 1945, e puntualmente ogni anno si ritrova per una sobria celebrazione dell’evento. Dopo la Santa Messa al Tempietto civico e le doverose visite alle tombe dei caduti della Resistenza e dei deportati, la giornata ha visto l’appuntamento ormai tradizionale al Museo del Tessile.
Il sindaco Gigi
Farioli e, in rappresentanza delle associazioni di ex partigiani,
Camillo Massimo Fiori (foto) della FIVL (Federazione italiana volontari della
libertà, di orientamento cattolico), hanno funto da oratori di fronte
al consueto folto pubblico. L’importanza del passato, l’attualità
del passato, è stata sottolineata dal sindaco. Perchè anche il gesto di chi si sacrificò apparentemente in completa
solitudine, come Sophie Scholl e i suoi compagni della Rosa Bianca,
pugno di eroi della coscienza in una Germania totalmente nazificata, non
è stato inutile. Farioli ha annunciato fra l’altro due iniziative che il Comune
intende prendere a breve scadenza: una consisterà nel fornire i servizi
comunali a costo zero o comunque scontatissimo a quelle donne che si
siano distinte durante il periodo della lotta di liberazione, l’altra
nell’istituzione di una "anagrafe della memoria" che permetta ai
testimoni (e ai loro eredi, ove questi più non siano fra noi) di
raccontare la loro storia, la nostra storia.
Camillo Massimo
Fiori ha ripercorso la storia d’Italia, dal Risorgimento fino alla Grande Guerra,
fucina dell’irrompere delle masse in politica e matrice del fascismo,
movimento nazionalista impostosi con il favore delle vecchie classi
dominanti. Fatale fu l’alleanza con Hitler, ricorda giustamente Fiori:
«l’Italia era impreparata al secondo conflitto mondiale, il sistema
corrotto e inefficiente: lo scoprirono ben presto i soldati nei deserti
libici, nella steppa russa, sulle montagne balcaniche». Fu poi l’8
settembr, la cosiddetta "morte della Patria", dove la Patria rifulse
invece negli atti di eroismo (Cefalonia, e da noi, più in piccolo, la
battaglia del San Martino) e nell’aiuto silenzioso dato dai civili ai
militari in fuga dai tedeschi. Ben 750.000 soldati finirono prigionieri in
Germania: ben pochi vollero collaborare. Nel frattempo, ci ricorda
Fiori, i ragazzi di leva scappavano in montagna, senza troppe idee
politiche in testa, ma solo per sfuggire ai bandi d’arruolamento. La
Resistenza fu la loro università, la loro palestra di democrazia:
essere rimasti uomini civili in un conflitto che li vide contrapposti a un
nemico brutale che impiegava la tortura e il terrore su scala
sistematica fu la loro laurea. Così come lo fu l’aver gestito i
conflitti che spontanemanete nascevano, e Fiori non lo nasconde, tra
chi intepretava la guerra partigiana come lotta di
liberazione nazionale, e chi come prerequisito della rivoluzione
sociale. «La Resistenza coinvolse il popolo: fu una minoranaza a
prendere attivamente le armi, ma questo non vuol dire che gli altri
fossero un’indistinta "zona grigia"» sottolinea Fiori. E anche il
sindaco Farioli rimarcava che «non sono indifferenti le scelte fatte in
quei frangenti: la pacificazione ci può essere solo nella
consapevolezza, no al relativismo».
A "rovinare"
metaforicamente la festa, ricordando una vicenda che ha ampiamente
avvelenato il clima nelle ultime settimane, gli striscioni esposti da
un gruppo di giovani antifascisti bustocchi: "Antifascismo nei nomi e
nei fatti" recitava quello mostrato in sala mentre il sindaco parlava. "Fondazione: Casa del Fascio ieri, insulto alla memoria oggi"
era invece scritto su quello esibito in piazza Vittorio Emanuele II, che ricordava il ruolo passato dell’edificio di piazza Treanto e Trieste, futura sede della Fondazione Blini. Perchè l’intitolazione dell’ente a uno sfortunato giovane vicino all’area della destra radicale è stata mandata giù da molti, ma non da tutti.
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