Raffaele Crovi, la cultura al servizio della gente

Con la sua morte scompare uno dei protagonisti della cultura italiana del Novecento. Il ricordo di Pier Fausto Vedani

Raffaele Crovi era un amico sincero e silenzioso di Varese dove, appena gli era permesso dalla sua intensa attività milanese. trascorreva con la famiglia ore serene in un appartamento di Sant’Ambrogio. "Leggeva" la nostra città oltre che per conoscenza diretta anche per il tramite della "Prealpina" : era curioso e voleva essere informato, era più tenero di noi varesini nei giudizi sulla nostra comunità; ne conosceva certamente i difetti, ma soprattutto lo spessore della cultura dei valori che accompagnano la gente per bene, categoria che egli da noi riteneva ampia, indipendentemente dal ceto sociale o dalle convinzioni politiche e religiose.

E come osservatore della nostra realtà me lo trovai di fronte in redazione in una tarda sera, piovosa e fredda, degli Anni 70, con una situazione "meteo" che consigliava di non abbandonare il tepore della casa di Sant’Ambrogio per una compagnia di gente che lavorava sì felice e con entusiasmo per la sua città, ma pur sempre fatta di cronisti e non di gente di lettere, unica eccezione Gaspare Morgione.

Già allora Raffaele Crovi era un personaggio importante della cultura nazionale alla quale era approdato giovanissimo e che lo aveva visto emergere rapidamente con incarichi prestigiosi e con una personale attività letteraria di primo piano. Conosceva tutto e tutti dell’Italia che leggeva e scriveva, di nulla aveva bisogno quando tutto volle sapere del mondo piccolo di via Tamagno: fu affabile, disponibile, comprensivo davanti ai miei imbarazzi di vecchio pirata della cronaca cittadina.

Nacque quella sera una bella amicizia che mi soccorse quando incredibilmente oltre alla carica di segretario del Premio Chiara – mi avevano voluto gli ideatori, Max Lodi, e l’assessore De Feo – si aggiunse il tremendo impegno di giurato in un team formato da grandi protagonisti della letteratura. E conversando con Michele Prisco, Nanda Pivano, Raffaele Nigro e Gino Montesanto toccai con mano la dimensione del prestigio del quale godeva Crovi.

Le radici paterne di Raffaele Crovi erano nella valle dell’Enza, sponda reggiana, a Cola, una frazione di Vetto, a pochi chilometri dal paese di mia nonna Maria e di mia moglie. I nostri incontri sono dunque continuati, quasi istituzionalizzati perché Raffaellino era una leggenda per la gente dell’Appennino ed egli non trascurava mai l’invito anche al più modesto appuntamento letterario: considerava la sua adesione, la sua presenza non un momento di gloria personale, ma esclusivamente un servizio alla comunità, alla crescita e alla consapevolezza culturali della gente. Per questo motivo recuperando un vecchio fienile a Cola realizzò la sua bellissima biblioteca personale destinata alla collettività locale. Quando me la fece visitare mi colpì la cura con la quale aveva preparato il grande dono.

Lo scorso anno presentando un libro alla biblioteca di Casina egli mi parlò delle sofferenze fisiche causategli da un intervento. L’estate 2007 lo ha visto saltare l’appuntamento per un eccezionale libro di Michela Maramotti. Raffaele Crovi se ne è andato lasciando una traccia importante del suo percorso letterario e umano.

A me ha insegnato l’importanza della cultura del servizio in qualsiasi campo d’azione. Grazie Raffaellino.

La sua biografia: Crovi un eclettico scopritore di talenti

Vai al sito dedicato a Raffaele Crovi

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Pubblicato il 31 Agosto 2007
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