Addio contadino. Buongiorno imprenditore

A Ville Ponti Confagricoltura Varese celebra i sui sessant'anni. E parla del futuro e di politica

“La nostra organizzazione non è legata a nessun partito. Valutiamo la politica in relazione alle risposte che produce per l’economia, per la società civile, per noi”. Parola di Pasquale Gervasini, presidente di Confagricoltura Varese. Ma chi fosse arrivato a Ville Ponti durante il talk show tra Roberto Maroni, l’ex ministro, e Federico Vecchioni, presidente nazionale di Confagricoltura, avrebbe avuto forse una diversa impressione (nella foto sotto da sinistra Maroni, Casarin e Vecchioni).
A casa questo governo che, ha esordito Maroni, “sfila contro se stesso”; che “lima” la Legge Biagi, che peggiora la riforma delle pensioni a sfavore (anche) degli agricoltori, che non è in grado di gestire la politica sugli Ogm.
Al bando la burocrazia che è sempre un male ma che lo è ancor di più quando favorisce alcuni (le Coop rosse) e penalizza altri (Bernardo Caprotti, Esselunga).
Alla larga i sindacati che questa burocrazia la alimentano e ostacolano ogni cambiamento.
Insomma, di politica s’è parlato a lungo nel corso dell’assemblea per i 60 anni di Confagricoltura organizzato a Ville Ponti di Varese.
E non poteva essere diversamente.
L’agricoltore bucolico, dell’immaginario collettivo è ormai superato dall’imprenditore che non può prescindere dalle regole del mercato e dai cambiamenti epocali che lo circondano.
”Oggi più che mai – ha detto il presidente Gervasini – è diverso il nostro modo di intendere l’agricoltura  rispetto ad altre organizzazioni di rappresentanza. Noi guardiamo al futuro delle imprese, crediamo che occorra misurarsi con il mercato. Vogliamo che la qualità che sappiamo produrre ci venga riconosciuta. Vogliamo la tutela dei nostri prodotti, vogliamo regole rispettate in Europa e nel mondo. Rifuggiamo da una visione dell’agricoltura cogestita da Verdi e no-global. Vogliamo continuare a produrre ricchezza, internazionalizzazione. Vogliamo investire, innovare, sviluppare la ricerca, far crescere le imprese. Vogliamo una fiscalità equa e stabile, rapporti di lavoro corretti, un’amministrazione efficiente”.
Forza e determinazione nelle parole del presidente varesino di Confagricoltura che ha chiamato a raccolta gli imprenditori, cresciuti più dal punto di vista qualitativo che quantitativo: “Questo perché le aree fertili sono state tolte all’agricoltura e destinate ad altri settori. La nostra agricoltura ha pagato il prezzo di molti anni di urbanizzazione, subendo scelte a volte operate senza tener conto che mentre in agricoltura la terra è il fattore principe dell’attività imprenditoriale, negli altri settori la terra è solo supporto d’insediamento”.
Ma è nell’«intervista doppia», condotta dal giornalista Alessandro Casarin, a Maroni e Vecchioni che si sono toccati i temi più caldi.
”La furia ideologica di distruggere quello che ha fatto il governo precedente ha portato danni notevoli – ha detto l’onorevole Maroni – Chi dice che il nostro Paese ha il più alto tasso di contratti a tempo determinato dice il falso: in Italia siamo al 12 per cento contro il 16 della Germania, il 15 della Francia e il 33 della Spagna. Questo governo punta a ridurre la flessibilità e non si rende conto che in questo modo alimenta la precarietà vale a dire il lavoro nero”.
E prima ancora: “Questo governo è finito. Dopo la manifestazione di ieri la legislatura è al capolinea. Ma temo che non accettino la sconfitta e invece di ridare la parola al popolo sovrano faranno di tutto per restare”.
Unità di intenti tra Maroni e Vecchioni sul lavoro stagionale (“non alimenta il precariato”), il controllo sui prezzi dei prodotti (“Nessun “mister X” che verifichi: esistono già soggetti che svolgono questo compito”), e sulla tutela della qualità della produzione nazionale (“La Cina non è un’opportunità: importa la passata di pomodoro e tra poco anche il gorgonzola”)
A Vecchioni, infine,  il compito di esporre la posizione di Confagricoltura sui prodotti geneticamente modificati: “Abbiamo detto no al referendum per una ragione precisa. E’ un tema troppo complesso per chiedere alla gente di esprimere un’opinione. Il rischio che la scelta sia fatta su basi emotive più che su conoscenze reali è altissimo. Noi puntiamo al riconoscimento del lavoro della comunità scientifica. Negare lo studio degli Ogm vorrebbe dire andare contro le direttive europee. E aprire le porte alle coltivazioni biotech dei paesi stranieri come la Romania. Il manifesto promosso dal Consiglio dei Diritti Genetici di Mario Capanna? L’Unione Europea lo boccerà”.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 21 Ottobre 2007
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