Caso Valenti, la madre fa ricorso

Nel ’99 si effettuò la riesumazione del figlio deceduto poche ore dopo la nascita nel 1970. La donna chiese 300 mila euro, ma la prima senteza del tribunale respinse la richiesta

Non è ancora finita la lunga e travagliata polemica tra Rita Valenti e il Comune di Tradate. La donna ha fatto ricorso alla sentenza di primo grado che non accoglieva la sua richiesta di risarcimento di 300 mila euro. Richiesta avanzata dopo che, durante la riesumazione dei resti del figlio deceduto a poche ore dalla nascita nel 1970, non ne sono stati trovati i resti al cimitero cittadino. Una vicenda quindi lunga quasi quarant’anni, dalla morte del piccolo Roberto, poi trasferito nel ’75 nel campo comnue del cimitero, alla riesumazione affettuata nel ’99, quando non vennero più trovati i resti del piccolo.

La donna nel ’99 partì subito all’attacco del Comune di Tradate pretendendo un risarcimeto per “aver pianto per trent’anni su una tomba vuota”. Nel 2002 l’allora sindaco Candiani, per andare incontro alla donna, aveva disposto anche una ricerca per vedere se i resti fossero stati spostati in altri punti del cimitero. Ma la ricerca non diede risultati.

Intanto partì la causa legale e la presentazione di una perizia da parte del Comune di Tradate dove si spiega che le ossa del neonato, proprio perché tale, subiscono una decomposizione molto più veloce del normale. A questo avrebbe anche contribuito il fatto che il piccolo sia stato seppellito con una cassa di legno e che quindi tutto abbia contribuito a una veloce decompsizione della salma.

Poi la sentenza di primo grado che ha stabilito di chiudere la vicenda con un rimborso alla signora Valenti, da parte del Comune, di 7 mila euro, per il pagamento delle spese processuali. Ma la donna, evidentemente non soddisfatta del risultato, ha deciso di presentare ricorso e proseguire quindui per la propria strada, non accenttando la versione del Comune.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 11 Ottobre 2007
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