Dai “cacciatori” di lapidi la Spoon River del Varesotto

Un archivio con due secoli di iscrizioni funerarie sta facendo riemergere centinaia di personaggi del passato

Clemente Merlo era un chirurgo di Castelveccana, ma fece anche l’esattore delle tasse e il tesoriere, portando nei suoi uffici "sollecitudine e gentilezza" . Morì nel 1874, la sua storia non la conosce nessuno, solo chi legge l’epigrafe nella sua lapide, nel cimitero del paese. È volato via, come il tenore Pietro Mongini che riposa nel camposanto di Ispra, che combatté per l’indipendenza dell’Italia "leale e generoso" e cantò su tutte le scene d’Europa ricevendo applausi e onori, interpretando l’Otello e la Lucia di Lammermoor.

"Dormono dormono… sulla collina" recita una canzone di Fabrizio De Andrè, ispirata alla Antologia di Spoon River, l’opera di Edgar Lee Master che trasporta in poesia, le iscrizioni funerarie di un microcosmo americano. La Spoon River del Varesotto è in costruzione, la sta realizzando un’associazione, il "Magazzeno storico verbanense", che ha già un archivio internet dove sono classificate centinaia di iscrizioni funerarie della nostra provincia, che raccontano le piccole grandi storie di chi oggi non c’è più.
Nell’archivio sono inseriti i cimiteri di diversi comuni, ma la prima tranche di lavoro prevede che si batta a tappeto l’area del luinese, a nord della Tresa. «Sono frammenti di storia che stiamo raccogliendo piano piano» spiega Alessandro Pisoni, uno dei curatori della ricerca, che tra l’altro ha ottenuto un parziale finanziamento da villa Recalcati e che sarà ribattezzata Museo lapidario della provincia di Varese. Tra le iscrizioni già censite, quella di Piero Chiara, con anche la foto della tomba, il poeta Vittorio Sereni e la moglie, la famiglia dei Peruggia di Dumenza, che diede i natali al muratore emigrato che rubò la gioconda.

Ma anche tanti altri. I “cacciatori” di lapidi copiano le epigrafi, ne catalogano lo stato di conservazione, fanno un archivio e ricostruiscono in questo modo una storia sociale, piccola e grande allo stesso tempo. Se i personaggi sono infatti pressochè sconosciuti alle grandi cronache, sono invece più noti nei paesi. Il linguaggio è consono alla sensibilità del tempo, mentre il gran numero di lapidi con morti bambini e giovani, la dice lunga invece su quanto le condizioni di vita di un tempo fossero difficili.

Ne sa qualcosa Assunta Ongetta da Bedero Valtravaglia, che dal 1886 riposa nel cimitero, perché appena ventenne "pia docile e candida" un morso di vipera se la portò via. O ancora il soldato Giovanni Saredi di Armio Veddasca che a 26 fu colpito da una palla in guerra. Ma quello che colpisce è anche il recupero di memorie dimenticate. Chi si sarebbe mai ricordato della storia del tenente degli alpini Mario Gabbiano di Graglio che a 28 anni fu rapito da un "inesorabile morbo" nonostante fosse uno sportivo, diremmo oggi, del reparto sciatori della Veddasca? Ci si commuove poi con l’iscrizione del figlio della povera Benedetta Antonelli, sepolta dal 1875 a Castelveccana, che si scusa con la madre perché non riuscì ad arrivare in tempo. E tanti, tanti altri, medici, parroci, sindaci, dignitari di paese e contadini qualunque. Tanti personaggi che oggi "dormono" sulle nostre colline.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 24 Ottobre 2007
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