“Ho avvertito i carabinieri prima del matrimonio”

Il primo cittadino di Castelseprio ha già adottato il protocollo che impegna i sindaci ad avvisare i militari quando uno dei due sposi non è italiano. E i nubendi? “Li informeremo con una brochure”

Un protocollo li impegna ad avvisare i carabinieri se nel loro comune si celebra un matrimonio con cittadini stranieri. La firma ufficiale c’è stata ieri sera, 11 ottobre al comune di Morazzone. Ma c’è qualcuno, tra i firmatari, che ha anticipato i tempi: Romano Chierichetti, sindaco di Castelseprio ha avvisato i carabinieri di Carnago: «Uno dei due nubendi non è cittadino italiano». E’ successo sabato scorso: il matrimonio è stato celebrato senza problemi, ma, oltre al funzionario con la fascia tricolore, nello stesso momento anche un altro impiegato dello stato, con la striscia rossa sui pantaloni neri era a conoscenza della cosa. E i carabinieri come l’hanno presa? «Benissimo – spiega soddisfatto il sindaco Chierichetti – già sapevano che li avrei chiamati, come del resto gli sposi: erano a conoscenza che avrei avvisato le forze dell’ordine».
Quindi il tanto discusso “Protocollo di intesa per la celebrazione di matrimoni di cittadini stranieri” è oramai una realtà. A seguirlo saranno i quindici sindaci, quasi tutti della provincia di Varese (Morazzone, Azzio, Besano, Besozzo, Buguggiate, Caronno Varesino, Castelseprio, Cuvio, Gerenzano, Mornago, Tradate, Uboldo), oltre a tre outsider: i comuni di Castel Goffredo e Medole (Mantova) e quello di Noceto. In quest’ultimo caso il primo cittadino Fabio Fecci è arrivato in serata dalla provincia di Parma per presenziare alla firma. Una presenza obbligata, dal momento che lo stesso Fecci ha voluto stendere la premessa al documento.
Una sorta di guida alle motivazioni del protocollo, insomma, nato l’estate scorsa dall’idea del sindaco di Morazzone Giancalo Cremona. In pratica ciò che ha spinto ad arrivare al documento sarebbe il “vuoto normativo” della legge che, se da un lato impone la valutazione della regolarità del permesso di soggiorno da parte dell’ufficiale di stato civile nei riguardi dell’immigrato che richiede ad esempio la residenza in un comune, dall’altro non prevede alcun controllo da parte dell’amministrazione comunale se qualcuno, straniero, decide di sposare un cittadino italiano pur non essendo in regola. Un espediente per aggirare la legge sull’immigrazione, insomma, attraverso quello che viene chiamato matrimonio di comodo.
Discriminazione? Razzismo, addirittura? «Macchè – spiega il sindaco Cremona – è solo la volontà di sapere cosa succede sul nostro territorio, e tagliare le gambe alle organizzazioni che in questo modo fanno soldi sulla pelle della gente. Qualcuno ci ha consigliato di segnalare ai carabinieri solo i matrimoni “sospetti”. Ma questa pratica sì, se venisse così applicata, sarebbe discriminatoria». A Morazzone, spiega il sindaco, negli ultimi tre anni, un terzo dei matrimoni è stato fatto con uno dei due sposi non cittadino italiano. Una bella percentuale. Resta quindi da capire, in un comune come il suo, come fare ad avvisare gli sposi della procedura (nell’articolo 3 del protocollo i sindaci si obbligano a farlo). «Abbiamo pensato anche a questo – conclude Cremona – : proporrò ai miei colleghi di realizzare delle brochure o dei pieghevoli che spieghino alla cittadinanza che applicheremo questo protocollo».

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Pubblicato il 12 Ottobre 2007
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