Il “bene comune” della politica
Giorgio Merletti, Presidente di Confartigianato Lombardia, rilancia l’importanza di un bipolarismo responsabile che consideri la partecipazione popolare
La politica deve essere considerata nuovamente un bene comune. Lo chiediamo ad alta voce perché le passerelle delle “divette”, a capo di nuovi (utili?) partiti, pensiamo non costruiscano il futuro di un Paese, né facciano l’interesse dei cittadini.
Ben venga, dunque, il confronto basato su un bipolarismo responsabile, che accompagni la politica su un percorso di aggregazione nel quale la partecipazione popolare non sia da temere ma da incoraggiare.
Il politico che vuole svolgere il proprio compito con razionalità, riscoprendo quello slancio idealista che la cultura politica di oggi sembra aver perso nell’alternarsi delle forze alla guida del Governo, deve ascoltare e capire gli avvertimenti che giungono dal territorio. Deve fare uno sforzo per recuperare il terreno perso e dare risposte concrete a domande che concrete lo sono sempre state.
E’ importante che la politica non si dimentichi di chi l’ha resa tale. Efficienza e trasparenza devono porsi alla base di un nuovo discorso di sviluppo dove pensiamo si debba agire con forza e coraggio nell’affrontare le riforme, nel ricucire il rapporto tra cittadino e istituzioni e nel cambiare la pubblica amministrazione, perché assicuri alla gente e alle imprese servizi all’altezza di una nazione che funziona.
E penso non ci siano problemi nell’affermarlo anche di fronte a questa platea: i costi della politica devono scendere, non salire. Perché la stessa politica è un servizio e non un lusso, uno strumento e non un optional della vita quotidiana di tutti.
Ricordo le parole di un nostro politico, condividendole: “Credo che tutti debbano fare uno sforzo di responsabilità per chiudere finalmente questa fase di bipolarismo muscolare e passare ad un bipolarismo responsabile in cui le forze politiche possono dialogare e trovare intese sui provvedimenti di interesse generale”.
La politica locale non è poi così lontana da quella nazionale. Come Presidente di un’associazione che si pone, fra i tanti obiettivi, quello di rappresentare gli interessi della microimprenditoria, accetto e sposo il bipolarismo, a patto che sia espressione di intelligenza e di apertura al dialogo e al confronto civile.
Gli interessi di cui parlo, non certo macroeconomici ma di vita quotidiana (tanto per intenderci i conti di fine mese che pesano su tutte le famiglie), non sono un’astrazione del pensiero ma espressione di assoluto realismo.
La nostra classe dirigente si deve interrogare, deve cambiare. Dev’essere selezionata. Non s’illuda il politico di essere un “uomo a sé”, investito di un potere che una volta ottenuto lo renda unico e distaccato dal mondo.
Non esiste una politica aristocratica, ma solo una politica che lavori, con dignità, per la cittadinanza. Ed il consenso lo si può ottenere solo dal “basso”, così come dev’essere in una democrazia partecipata dove i cittadini, secondo l’art. 49 della Costituzione, si associano “liberamente per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”.
E’ questo il problema che la politica odierna deve affrontare senza indecisioni, perché i partiti non possono essere considerati contenitori vuoti ed è corretto che la partecipazione della gente alla realizzazione di un metodo democratico funzionale sia premiata con azioni volte al raggiungimento del loro benessere e della loro sicurezza.
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