Meazza e Bianchi, viaggio nella Resistenza
Presentazione del libro "Ritorno al Ponte di Falmenta" di Giovanni Bianchi e Carlo Meazza. Interviene lo storico Enzo Rosario Laforgia
Venerdì 19 ottobre nella Piramide di Piazza De Salvo a Varese si terrà la presentazione del libro "Ritorno al Ponte di Falmenta" di Giovanni Bianchi e Carlo Meazza. Presenta il libro: Enzo Rosario Laforgia Istituto “Luigi Ambrosoli”; Intervengono: Adriano Bianchi, partigiano, Carlo Meazza, fotografo , Teresio Valsesia, alpinista, giornalista e scrittore .Verranno proiettati spezzoni del film di Ezio Riboni : ”RITORNO: VAL CANNOBINA, UNA STORIA PARTIGIANA” .
Dall’introduzione di Adriano Bianchi: " L e immagini in bianco e nero e la narrazione vorrebbero fondere gli eventi di guerra e di pace con la potente scenografia predisposta dalla natura, ora dolce e benigna, ora indifferente e severa. La bellezza e la severità sono entrambe ammonitrici. La prima chiama alla vita, la seconda ne annuncia le prove. Una generazione, ne l’“ora della prova” ha compiuto le scelte morali e di libertà che hanno avuto il loro momento culminante nella Repubblica dell’Ossola: un territorio liberato dall’azione delle formazioni partigiane, la capitale Domodossola, una Giunta democratica di Governo. Fu una prova ed un successo morale e politico tutto italiano, rivelò la maturazione delle coscienze, la volontà di restaurare l’indipendenza e la dignità della nazione. Carlo Meazza, artista sensibile e fotografo, ha letto di recente “Il ponte di Falmenta – 1944” e ne ha rilevato, tra l’altro, un tratto particolare. La vicenda e gli episodi narrati, i momenti di dolore, di fatica, di paura, i tempi delle decisioni e delle riflessioni vi sono sempre rappresentati nell’ambiente naturale in cui si svolgono, quasi per verificarne la sintonia e per interpretarne l’influenza. La rivisitazione dei luoghi, la loro traduzione in immagini ne fa riscoprire la vocazione a costituire un santuario da preservare, custode di valori, memoria di vite e di sacrifici offerti, cui attingere per alimentare la speranza e la nostra storia. Le emozioni provate, in gran parte ineffabili, sono affidate alla sensibilità del lettore che sarà forse incoraggiato a percorrere questi itinerari ideali e a sostare. Da Cannobio solare, ammirata dalla balconata di Sant’Agata, al “ponte” e su a Falmenta, misteriosa e riservata, la cui via principale, un vicolo disposto ad arco secondo la linea di livello, risuona per i passi nel silenzio assoluto, come il giorno in cui scesero i ragazzi da Olzeno alla ricerca del pane. Da Orasso alla fatale galleria di Finero, alle rocce precipiti dove maturò l’agguato mortale. Dalla lunare Bocchetta di sant’Antonio, alla tragica conca dei Bagni di Craveggia, sconvolta dalla furia annientatrice di un’alluvione che ha spazzato via il ponticello e gli edifici abbandonati, a cancellare i segni di un ricordo pietoso; ora tenuti vivi dall’attenzione sollecita degli amici svizzeri di Spruga e della Valle Onsernone, già protagonisti della salvezza, costanti nel ricordo condiviso, testimoni commossi e generosi. Le montagne e le valli, la ferrigna Cannobina al centro, sono riapparse quasi intatte, col loro fascino inquietante. valloni e le dorsali si sono rivestiti di vegetazione, ad ammorbidire la durezza di rocce e di pietraie. villaggi aggrappati alla montagna, sono conservati, tenuti in ordine, con fatica, dagli abitanti, divisi tra la tentazione di più agevoli insediamenti nei luoghi di lavoro e la nostalgia delle nobili case dove conservano radici secolari. Le baite di pietra, riferimento di alpeggi e di fienagioni estive, quando resistono intatte, rimpiangono solitarie la loro vita faticosa e semplice, ridotta a brevi soggiorni per il rito di una polenta. E così passa invano tra le capanne, disposte con arte spontanea e inconsapevole, il ruscello di acqua limpida. Altri agglomerati, sbrecciati e cadenti, sono avvolti dalle ortiche; paiono propensi a rientrare in fretta nella terra che ha fornito i materiali di cui sono formati. La casa di Olzeno è stata restaurata e non sembra interessata a ricordare, né a volgere lo sguardo sulla valle, ormai ricca di selve che assediano gli abitati. Un gruppo di cacciatori, delegati a contenere la diffusione di cinghiali famelici, che non hanno quasi nulla in comune con i loro italici antenati, faticano a ricordare. Gli episodi furono appresi, come leggende vaghe, da genitori propensi a rimuovere ricordi di tempi crudeli. Per compenso e con maggiore forza la nostra memoria ci restituisce lo sguardo dolente di compagni caduti, ma non scomparsi. Dal ritratto di Renzo, collocato su di un cippo assediato dai detriti, emerge vivo il suo volto di ragazzo fiducioso, quando a Sant’Agata ci separammo e si volse a salutarci. Ora, al di là dell’insuperabile dirupo in cui Alfredo Di Dio cercò un’impossibile scampo, pascolano tra le baite dell’Alpe di Finero i caprioli, sicuri, loro, di non poter essere raggiunti. Il silenzio avvolge pure i Bagni di Craveggia. Unico segno di vita sulla terra umida, stanno le impronte fresche di zoccoli dei cervi, ignari del confine di Stato, timide sentinelle, metafore della pace restituita."
Adriano Bianchi , nato il 24 luglio 1922, a Tortona, dove vive. È avvocato. Comandante di compagnia della Brigata partigiana Generale Perotti, gravemente ferito a Bagni di Craveggia – Valdossola il 18 ottobre 1944, medaglia d’argento al valor militare. Consigliere regionale del Piemonte fu impegnato nella formazione dello Statuto e degli atti di fondazione della Regione.Ha scritto: Il Ponte di Falmenta 1944 – storia della maturazione e delle scelte di una generazione, conclusa con il rientro dalla Svizzera e dalla Università di Ginevra.
Carlo Meazza , laureato in Sociologia, fotografo professionista dal 1973, ha realizzato numerosi libri dedicati alla Lombardia,al Canton Ticino, al Monte Rosa, e reportages in Medio Oriente, Asia e Africa. Lavora e vive con i figli a Varese.
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