Ladytrucks, camioniste per amore e per passione

Sono un gruppo di camioniste donna, vanno a Malpensa di Notte o partono da samarate per andare in giro per l'Europa. E, per beneficenza, realizzano calendari e ricettari. Storia di un gruppo di amiche davvero speciale

Il blog ha pochi giorni di vita e ci scrivono in tre, ma la loro frequentazione dura ormai da molti anni ed è già diventata un calendario, (diffuso tra gli amici ma che si può ricevere per posta: gisellacorradini@libero.it) e un ricettario. Sono le Lady Trucks, un gruppo di donne camioniste sulla strada da molti anni la cui portavoce è Gisella Corradini, un’ emiliana (abita vicino a Maranello) che in provincia di Varese capita tutte le sere, anzi tutte le notti.

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Lady Truck – donne camioniste 4 di 6

Con il suo camion – Gisella infatti è un “padroncino” da 13 anni ormai – fa tutti i giorni consegne serali all’area cargo di Malpensa. Un lavoro di fiducia: pezzi per l’automotive preziosi, la cui consegna non deve sgarrare di un giorno. «Mi hanno affidato questo impegno perché sanno come lavoro» dice con una punta d’orgoglio.

Anche se il pensiero è ad una donna sola di notte in quelle zone: «A dire il vero però io non ho paura: più che altro è stato difficile farsi accettare. In area cargo ormai sono tutti extracomunitari e per loro le donne devono stare a casa a quell’ora. C’è un egiziano che mi vede da 4 anni e sta cominciando a  salutarmi adesso».

Una volta accettata, però, Gisella è come una dei colleghi che si presentano ogni giorno, senza smancerie. «Il problema è all’inizio, specie quando si convincono che tu non riesca a fare quel lavoro. Le molestie, invece, ci capitano né più né meno che nelle stesse proporzioni in cui capitano alle altre donne. La mia più sgradevole esperienza con un esibizionista, alla faccia delle idee che ci si può fare su una che guida di notte, è stata invece con un mio vicino di casa quando ero ragazza. In autogrill mi è capitato una volta sola di essere seguita, ma senza nemmeno conseguenze».

Gisella ha scoperto questo mestiere dopo avere avuto sia esperienze in ufficio che come operaia: «Ma la fabbrica mi stava stretta. La mia dimensione l’ho trovata con il camion». Un mestiere che non si può fare per caso: «Fare la camionista donna deve essere per forza una passione, qualcosa che si fa più volentieri di altro. Sennò fare la camionista è difficile». Gisella ha una figlia che frequentava le elementari quando ha cominciato a lavorare come “padroncina” «All’inizio non era facile: la maestra chiedeva che mestiere facevano i suoi genitori, e mia figlia rispondeva “mia mamma guida il camion” e la maestra le rispondeva “mannò, ti sbagli! E’ tuo papà che guida il camion…» insomma faticava a spiegarsi. Ma ha sempre avuto una punta d’orgoglio nei confronti del mio lavoro, e ora ancora di più».

Al gruppo organizzato, le “Lady Trucks” arrivano nel corso di uno dei periodici raduni di “bestioni” che avvengono in giro per la penisola e l’Europa: un modo di socializzare tra persone che viaggiano tanto e hanno molto in comune e le loro famiglie. Da lì è arrivata l’amicizia tra loro, che si alimenta attraverso i “baracchini”, i cellulari e anche le iniziative comuni: come il calendario, ormai arrivato alla terza edizione, il ricettario con tutti i piatti tradizionali delle camioniste associate, o ancora l’ultima iniziativa del blog collettivo, dove scambiarsi le esperienze, belle e brutte, della professione.

E dove a scrivere con maggiore impegno è una samaratese, Monica: «Sì. Io sono quella dei maniaci…» commenta scherzosa quando le si chiede conferma. Monica infatti sul blog ha coraggiosamente segnalato alcuni episodi imbarazzanti che le sono accaduti: «Ma non ce ne accadono più di quante ne accadono normalmente alle donne in generale» conferma.

Monica vive da sempre a Samarate, dove ora “ha la base” con il marito. «Ma ammetto di frequentarla pochissimo. Ho solo una amica, in zona. La mia amica del cuore è Betty, romagnola, moglie di camionista, conosciuta conversando proprio col marito al “baracchino”. Non sono una che ha messo radici nel paese di casa, e forse per questo mi piace così tanto il mio lavoro. In fondo, questo è un lavoro che si adatta a una persona come me: se vuoi frequentare gente la frequenti, sennò stai zitta e ascolti la radio, anche per centinaia di chilometri».

Monica un po’ l’aveva nel sangue, questo mestiere, anche se non ci aveva mai concretamente pensato: «Da bambina, avevo una Barbie che guidava il camion. Ma non ho mai detto che avrei fatto la camionista. Lo sono diventata quando sono salita per la prima volta sul camion di quello che sarebbe diventato mio marito, e non sono scesa più: avevo trovato il mio lavoro. Ora lavoriamo insieme, facciamo insieme le tratte lunghe, dividendoci l’impegno della guida» e condividendo la loro vita nella cabina di un tir, invece che tra le quattro mura di casa.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 14 Novembre 2007
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