Zanini dà l’addio al ciclismo e sale in ammiraglia

Il campione varesino si ritira dopo 17 stagioni da prof: ha conquistato Parigi e l'Amstel Gold Race. «Apro un nuovo capitolo con orgoglio, grazie a tutti»

Sorrisi e lacrime per dire addio al ciclismo pedalato: è così che Stefano Zanini, dopo diciassette anni nel plotone dei professionisti, ha deciso di dare la notizia del suo ritiro e del contemporaneo nuovo incarico di direttore sportivo. Sorrisi sinceri e qualche lacrima di commozione, durante la conferenza stampa tenutasi all’Art Hotel di Varese per dire basta a una carriera dove spiccano come gemme preziose alcune vittorie che farebbero gola a qualsiasi corridore ma dove risalta come in pochi altri casi anche lo spessore umano di “Zazà”.

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«Sapete che mi emoziono – ha detto Stefano con gli occhi lucidi – e quindi per me è difficile parlare oggi. Ringrazio coloro che mi sono stati vicini fin dall’inizio, la mia famiglia, i tifosi e gli amici, e mi auguro che da oggi possa aprirsi un nuovo capitolo nel quale possa comunque dare il mio contributo. Sono orgoglioso del fatto che la mia ultima squadra, la Predictor Lotto (l’anno prossimo si chiamerà Silence Lotto ndr) mi abbia chiesto di salire in ammiraglia: vuol dire che ho lasciato un buon segno nell’ambiente. In realtà io avrei anche continuato un anno, ma la proposta di diventare direttore sportivo è stata una gratificazione che ho deciso di accettare».
A incoronare “Maciste” nel nuovo ruolo ci ha pensato Roberto Damiani (foto in basso), il ds legnanese che ha voluto Zanini al suo fianco nello staff tecnico dello squadrone belga. «È giusto che Stefano abbia smesso ora, a testa alta, mentre era ancora un signor corridore: non avrebbe avuto senso lasciare il gruppo più avanti, da pensionato. Tutti i complimenti che gli stanno arrivando sono ampiamente meritati».

A incorniciare il tavolo da cui ha parlato Zanini due stendardi che lo ritraevano in azione: da un lato un collage con le foto della gioventù e cioè con la maglia della Gs Biancorossi con cui ha corso da quando aveva sette anni o quelle al Giro della Lunigiana, vinto da Juniores contro un mostro sacro come Pavel Tonkov. Dall’altra uno “Zazà” sorridente nel giorno dell’ultima corsa, il Giro di Lombardia (foto a lato) di ottobre scattato proprio da Varese.
Nel mezzo diciassette anni e tante vittorie. «Dopo i primi quattro anni basilari nella Navigare di Reverberi, mi ingaggiò uno squadrone come la Gewiss: fu allora che capii di poter diventare un corridore davvero di alto livello. Il successo più bello però fu nel 2000 quando a Parigi vinsi l’ultima tappa del Tour: fu quella l’unica volta che chiesi alla squadra di lavorare per me. Due anni prima ero stato beffato da Steels, un mio compagno, quando già assaporavo il successo: partecipai al Tour 2000 con la precisa intenzione di vincere sui Campi Elisi e così feci. Figuratevi le lacrime quel giorno».
È toccato quindi al decano dei giornalisti del pedale, Gianfranco Josti, ricordare l’altra grandissima impresa del campione varesino. «Io ogni anno andavo all’Amstel Gold Race con la speranza che finalmente un italiano riuscisse a vincerla. Sembrava una corsa stregata, Bugno addirittura la perse in volata contro Jaermann. Poi arrivò Zanini e trionfò: per noi italiani al seguito fu una gioia immensa».

Ma Zanini non è stato solo sinonimo di vittoria: la sua simpatia, la correttezza dimostrata e l’altruismo ne hanno fatto un grande amico di tutto il plotone. «Sarà per l’educazione che ho ricevuto fin da piccolo alla “Biancorossi”, dove mi insegnarono quelle qualità che ho sempre cercato di mettere in pratica. Umiltà, e questa mi servirà nel nuovo lavoro, sacrificio, rispetto, amicizia ma anche divertimento con il ciclismo. Anche per questo nell’ultima parte di carriera sono stato felice di correre: sapevo di non poter puntare alla vittoria ma ho capito che può essere altrettanto gratificante portare al successo un compagno di squadra». Senza dimenticare un tassello fondamentale come la famiglia, come ha di nuovo sottolineato Damiani strizzando l’occhiolino ai genitori e alla moglie di Stefano, presenti tra il pubblico ed emozionati quanto lui.
L’addio definitivo al pedale avverrà comunque nei primi mesi del 2008, su quelle strade del Varesotto che l’anno visto nascere, crescere e perfezionarsi. Con gli amici Zanini sta organizzando una pedalata benefica, prima che inizi la sua carriera in ammiraglia. «E chissà che con qualche mio corridore un giorno potrò centrare quel successo che da ciclista mi è sempre sfuggito: la Sanremo». Se la determinazione sarà la stessa che lo ha guidato al Tour, siamo sicuri che anche il “Mondiale di primavera” entrerà nel curriculum di Maciste. E pazienza se quel giorno lui alzerà le braccia “solo” dall’automobile: i sorrisi e le lacrime di commozione saranno le medesime dei Campi Elisi.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 20 Dicembre 2007
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